La verità sull’omicidio di Serena Mollicone, uno dei principali casi italiani, questa volta potrebbe essere finalmente vicina. A distanza di diciotto anni dai fatti, la Procura della Repubblica di Cassino, al termine della nuova inchiesta sull’uccisione della diciottenne di Arce, ha chiesto cinque rinvii a giudizio. A rischiare un processo l’allora comandante della stazione dell’Arma, la moglie, il figlio e altri due carabinieri. Gli inquirenti non hanno dubbi: la studentessa sarebbe stata uccisa proprio in caserma.
Nel luogo dove i cittadini dovrebbero essere protetti e nel quale sono state svolte le prime indagini che non sarebbero state altro che un enorme depistaggio. L’ex comandante della stazione dell’Arma di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria sono accusati di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
L’appuntato scelto Francesco Suprano è invece accusato di favoreggiamento personale in omicidio volontario, e il luogotenente Vincenzo Quatrale di concorso in omicidio volontario e istigazione al suicidio di un collega brigadiere. Serena Mollicone scomparve da Arce il primo giugno 2001 e il suo corpo senza vita, con le mani e i piedi legati e la testa stretta in un sacchetto di plastica, venne trovato due giorni dopo in un boschetto ad Anitrella, una frazione del vicino Monte San Giovanni Campano.
Nel 2003, con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere, venne arrestato Carmine Belli, un carrozziere di Rocca d’Arce, poi assolto dopo aver trascorso da innocente quasi un anno e mezzo in carcere. L’omicidio della 18enne sembrava destinato a restare un mistero, ma la Procura di Cassino non ha mollato e le indagini hanno ripreso vigore nel 2008.
In quella circostanza, prima di essere interrogato, il brigadiere Santino Tuzi si tolse la vita. Gli investigatori ipotizzarono a quel punto che il militare si fosse ucciso perché terrorizzato dal dover parlare di quanto realmente accaduto nella caserma dell’Arma di Arce. Alla luce dei nuovi accertamenti, il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo si è convinta che la diciottenne il giorno della sua scomparsa si fosse recata proprio presso la caserma dei carabinieri e che lì, in un alloggio in disuso di cui aveva disponibilità la famiglia dell’allora comandante, la giovane sia stata stata aggredita.
Avrebbe battuto con violenza la testa contro una porta e, credendola morta, venne portata nel boschetto. Vedendo in quel momento che respirava ancora, sarebbe quindi stata soffocata e sarebbero iniziati i depistaggi. Ora le cinque richieste di giudizio e la speranza che finalmente tutta la verità venga fuori.
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