Giulia Tramontano fu uccisa con premeditazione, le analisi che inchiodano Impagnatiello. Tre mesi fa il ritrovamento del corpo di Giulia, 29 anni, in una discarica di via Monte Rosa a Senago, Milano. Emergono sempre più prove a sostegno della tesi della premeditazione. Il contrario del “raptus” che l’ex barman dell’Armani Bamboo, il trentenne Alessandro Impagnatiello, avrebbe confessato poco dopo il ritrovamento. Giulia era incinta di un bambino che avrebbe voluto chiamare Thiago e da poco aveva scoperto della doppia vita del suo compagno. Alex aveva una relazione da almeno due anni e mezzo con una giovane cameriera di origini inglesi. Le due donne si erano incontrate per un chiarimento e le menzogne di Impagnatiello sono saltate. Le analisi complete sui dispositivi elettronici e sui complicati esami sul corpo straziato di Giulia arriveranno a settembre. Intanto, però, sono emersi particolari inquietanti sulla volontà assassina dell’indiziato. “Quando ha iniziato a morire Giulia Tramontano? E da quanto tempo il compagno aveva maturato quel piano?”, sono le domande alle quali provano a rispondere gli inquirenti, come riporta Repubblica.
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Il delitto Tramontano fu premeditato, le analisi che inchiodano Impagnatiello
Dalle prime prove certe emerge che il delitto Tramontano fu premeditato: le analisi che inchiodano Impagnatiello. Giulia, giovane agente immobiliare del Napoletano, si era trasferita a Milano da circa cinque anni. Aveva conosciuto Alex, che aveva già una figlia da una precedente relazione. La convivenza tra i due non stava andando bene e la notizia della gravidanza di Giulia ha fatto scattare qualcosa in Impagnatiello.
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A fine inverno, Giulia scrive un messaggio: “Non mi sento bene”. Va a dormire dopo aver bevuto una bevanda calda che le ha dato problemi. Sul suo cellulare, il barman fa ricerche eloquenti: “Come uccidere una donna incinta col veleno”, “Come avvelenare un feto”, “Rimuovere macchie di sangue”. In questo modo torna con prepotenza la pista della premeditazione che la gip Angela Minerva aveva inizialmente escluso, dopo la confessione di Impagnatiello. La pm Alessia Menegazzo e la procuratrice aggiunta Letizia Mannella sono adesso al lavoro per ricostruire un quadro più complesso di quello che sembrava all’inizio.
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Complesso anche perché molte delle prove devono provenire dall’autopsia e dalle analisi su Giulia, il cui corpo è stato straziato da 37 coltellate. Ustionato da due tentativi di darle fuoco, infine ricoperto da pellicola alimentare e sacchetti di plastica e abbandonato in discarica.
Le bugie di Impagnatiello
“L’ho accoltellata per non farla soffrire“, avrebbe detto Impagnatiello, quando gli inquirenti hanno smontato l’ipotesi di un suicidio. “Perché aveva cominciato a ferirsi da sola”. Queste bugie seguivano quelle della denuncia della scomparsa. Avvenuta all’1.48 di notte del 29 maggio scorso. Dopo due giorni il ritrovamento del corpo dietro alcuni box di via Monte Rosa. E il castello di carte dell’indagato che inizia a crollare.
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Poco prima della sua morte, Giulia aveva incontrato A., la ventitreenne inglese che era due anni e mezzo con il suo compagno, che l’aveva costretta ad abortire poco prima. È stata lei a scoprire la relazione parallela e della gravidanza di Giulia. Lui aveva provato a difendersi, mostrando addirittura un falso test del dna per dimostrare che il bimbo non era suo. Quando le due donne si incontrano, Giulia è incredula e disperata. Scrive ad Alex di farsi trovare nel loro appartamento di via Novella, a Senago. La discussione terminerà nel terribile femminicidio.
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Alessandro Impagnatiello si trova in questo momento da reo confesso, pur tra mille menzogne, nel carcere di San Vittore a Milano. Nei mesi scorsi era circolata un’assurda fake news sulla sua presunta evirazione da parte di altri detenuti. Una delle piste seguite è che la madre lo avrebbe aiutato in alcune fasi dell’occultamento del corpo di Giulia. Lui ha sempre smentito, dicendo di aver fatto tutto da solo. Per il momento le indagini sembrano dargli ragione.
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