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Dibba, Renzi e Draghi: perché sono loro le vere ombre che incombono sulla scena

Ci sono una serie di ombre che incombono sulla scena, come nelle migliori opere di teatro. C’è quella di Di Battista che torna dal Guatemala e minaccia Di Maio… Quella di Renzi che oscura il Pd nonostante i candidati alle primarie siano Zingaretti e Minniti… Quella di Draghi che tra poco è libero e che più di un osservatore vede alla presidenza del consiglio nel caso le cose si dovessero mettere davvero malissimo (appurato che ora stanno già molto male). Alcune ombre, però, potrebbero essere falsi negativi o falsi positivi, dipende da che parte si sta.

L’elenco è in ordine crescente e non ci sarebbe bisogno di precisarlo dati i nomi e gli abissi di carature che intercorrono tra essi. Ma in questi tempi di “sciacalli”, non si sa mai come possano andare le cose. Un tempo c’era il governo ombra dell’opposizione, l’aveva formato Walter Veltroni al tempo capo del Pd sulla scia del molto elegante shadow cabinet britannico con tanto di leader e ministri, con il compito di controllare come un’ombra il lavoro dell’amministrazione vittoriosa e di proporre soluzioni alternative.

Ora ci sono solo le ombre. Sulla leadership grillina si staglia l’ombra di Alessandro Di Battista alla fine dell’esilio volontario in America Latina. Dopo aver sommerso i social con fondamentali filmati sulla sovranità non solo del popolo ma anche del mais sudamericano, sull’imperdibile questione dell’avanzata dei templi evangelici in Guatemala, e sul suo volontariato più da zappatore che da zapatista in una comunità guatemalteca, il subcomandante Dibba dirà adios per tornare a Natale in patria.

Non prima di aver dato dei “pennivendoli” e delle “puttane” ai giornalisti e non prima di aver inanellato una serie di smentite dopo aver praticato il suo sport preferito: dare fake news. Non si sa se Dibba porterà la revolución all’interno dei notabili Cinque Stelle già assai nervosetti o se rimpolperà la perdita di consenso del Movimento. Sull’altro fonte? L’opposizione è l’ombra di se stessa. Impossibile pensare di riunirla in un armonico progetto comune, è ormai inimmaginabile credere che i rancori possano arretrare di fronte ai dolori del Paese.

Tutti a ripetere che bisognerebbe fare, bisognerebbe recuperare, ma in realtà le energie sono concentrate nelle trattative del potere che fu. Si torna compagni e solidali solo quando si profila l’ombra di Matteo Renzi. È l’ombra che incute terrore e ricompatta perché nonostante tutto fa ancora notizia. Ha energie, è giovane, può imparare, non è mai troppo tardi, dai suoi errori e in Parlamento e in quel che resta del Partito democratico controlla truppe e pacchetti di voti. E nel centrodestra extra Salviniano? Neanche a dirlo: l’ombra di Berlusconi incombe su tutti e dipenderà ancora da lui il destino della coalizione e del suo partito, Forza Italia.

Infine, nel gioco delle ombre c’è quella di Mario Draghi che negli ultimi tempi si è stagliata in modo insolitamente politico sul suo Paese, sull’importanza del patto di stabilità e sui danni che il governo ha provocato all’Italia con i suoi proclami. È presidente della Bce ancora per un anno. Ma sono in molti a aspettare la sua uscita dall’ombra dell’Eurotower di Francoforte… Poi ci sono altre ombre, cioè quelle dalla Russia e delle lobby che influenzano la vita politica dell’Italia: ne ha parlato L’Espresso nell’ultima inchiesta. Roba da brividi, quella.

 

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