Salvini e Di Maio rifanno capolino. Ve ne siete accorti? Per alcune settimane sono stati nell’ombra, facendo finta di nulla mentre il loro governo inanellava epocali figuracce sulla “manovra del popolo” (intesa così nel senso che la pagherà il popolo). Ora i due vicepremier p rovano a raddrizzare una barca alla deriva. La manovra è stata un disastro, sia comunicativo che sostanziale: dal pavoneggiamento grillino sul balcone alla fiducia nottetempo su un testo raffazzonato, scritto a matita mentre lo si votava e inzeppato di brutte sorprese e di mancette clientelari, sembra sia passato un secolo.
Giggino e Matteo, abbassate le penne sullo sbandierato 2,4%, si sono nascosti e hanno mandato avanti Conte, Tria e compagnia a elemosinare un via libera dalla Ue. Sono spariti dalle conferenze stampa sulla manovra, dalle commissioni e dai banchi del governo in Parlamento. Ora però devono cercare di porre rimedio agli ingenti danni di immagine subiti.
Così Matteo Salvini tenta l’approccio realistico: “Non siamo geni, non sono Batman. Non sono Gesù Bambino. Non abbiamo fatto miracoli”, ma “la manovra merita un 7 e questo è solo l’inizio del percorso. Sono contento di aver fatto le tre di notte per dare agli italiani dei fatti, lavoro vero. In sei mesi abbiamo fatto più noi che altri chiacchieroni in sei anni”, si esalta. Il problema, però, sono i dati reali che dicono esattamente il contrario.
Per la comunicazione salviniana la finestra super-condizionata di tre mesi per quota 100 diventa “la legge Fornero smontata pezzo per pezzo”. Bah! Il taglio alle pensioni più alte? “Balle, solo un piccolo contributo. E le altre non si toccano”. E comunque è tutta colpa delle opposizioni.
Intanto il vicepremier grillino è stato rispedito su Facebook dalla Casaleggio, con un nuovo foglietto preconfezionato: la solita lista della spesa, ma stavolta al posto dell’entusiastico “fatto!” (che aveva se non altro fatto ridere mezzo mondo) c’è la casella “vero/falso”. No, dico, ve ne rendete conto a che livello siamo? Ovviamente nel magico mondo di Giggino tutte le cose belle (per i grillini), sono vere: dal “taglio delle pensioni d’oro” (contemporaneamente negato da Salvini) al “superamento della Fornero” al “taglio delle spese militari”.
Quelle brutte? False: aumento Iva? Macché. Riduzione degli investimenti? Ma figuriamoci. Riduzione della platea del reddito di cittadinanza? Giammai. Certo la china da risalire è ripida, e le delusioni interne non aiutano i due vicepremier: l’allarme dei governatori leghisti del Nord, i musi lunghi di molti esponenti del Carroccio, il dissenso aperto di diversi grillini. Ma Salvini e Di Maio guardano alle prossime Europee e sanno di dover rianimare i rispettivi elettorati.