“Siamo in tre”. Lo dice senza troppi giri di parole Giuseppe Conte in un colloquio con il leader dei democratici Nicola Zingaretti, un modo per fotografare una situazione che preoccupa e continuerà a preoccupare dopo lo strappo di Matteo Renzi. Il ragionamento è facile: l’ex premier e il suo nuovo partito cercheranno visibilità e non potranno che trovarla cercando di interferire con le decisioni dell’esecutivo. Quindi, la scissione avrà inevitabili ricadute sul governo appena nato.
Dallo staff giallorosso filtra un forte malumore: il fragile equilibrio trovato tra le due componenti dell’esecutivo è già svanito. Ci sarà un terzo incomodo, su ogni cosa, e questo rischia di far saltare tutto. Rafforzando Salvini, invece di indebolirlo. Con Conte che, innervosito a dir poco, continua a chiedersi: perché muoversi solo a governo già definito, dopo il giuramento? Le intenzioni dell’ex sindaco di Firenze, però, erano evidentemente altre. E ora, al netto delle rassicurazioni, il suo spettro aleggerà per forza di cose su grillini e dem.
In fibrillazione è però tutto il mondo pentastellato, che inizia già a pentirsi della Santa Alleanza: “Lo dicevamo che non c’era da fidarsi” azzardano già i più scettici. Con Di Maio che, riporta La Repubblica, si sarebbe lasciato andare a una battuta abbastanza emblematica: “
Volete sapere cosa ho detto a Renzi quando mi ha chiamato? Che di Matteo che rompeva le palle ce n’era già uno!”.Il leader Cinque Stelle, che si vedeva finalmente protagonista assoluto dell’azione di governo, teme di dover tornare al passato, quando condivideva costantemente con Salvini la scena politica in una costante guerra di logoramento. Grillo intanto predica la calma, sottolineando il ruolo di Conte come “unico anti-Salvini”. Il fronte, però, sembra già logorato. E non è certo un buon segnale.
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