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Di Maio vuole un patto col Pd per Roma. Ma prima deve silurare Virginia Raggi

In un momento così concitato, con le novità sul fronte del contrasto all’emergenza sanitaria che si susseguono giorno dopo giorno, la corsa al Campidoglio è passata inevitabilmente in secondo piano, con Virginia Raggi che ci ha tenuto comunque a ribadire la sua ferma volontà di tentare una seconda scalata all’Urbe. Le manovre, però, lontano dai riflettori proseguono a ritmo incessante, con Luigi Di Maio che nelle scorse ore non ha perso l’occasione per lanciare l’ennesimo affondo all’attuale sindaca di Roma: “Dobbiamo costruire una coalizione di governo con il Pd nei cinque capoluoghi più importanti”.

Secondo Di Maio, serve “aprire il dibattito sui temi e sui programmi per poi arrivare ai candidati”. Un messaggio che già in passato il ministro degli Esteri aveva indirizzato alla Raggi, e la sensazione è che nei prossimi mesi, crisi sanitaria permettendo, di affondi ce ne saranno altri. Da par suo la sindaca ha preferito, per ora, non replicare, consapevole del fatto che da fuori stiano spingendo forte per convicerla a fare un passo indietro e ritirare la sua candidatura. Lei, però, non vuole saperne di alzare bandiera bianca, almeno non senza lottare. Prima degli Stati Generali del Movimento, la Raggi non intende muoversi. La sua candidatura, figlia di un’iniziativa autonoma, era d’altronde arrivata proprio per anticipare un’alleanza Pd-Cinque Stelle che l’avrebbe, ovviamente, tagliata fuori dai giochi, visto che i dem non avrebbero mai acconsentito a sostenere una sua nuova corsa. Un passo accompagnato da un rastrellamento di voti intenso, già iniziato, per raccogliere ogni possibile consenso sul territorio romano, così da rafforzare la propria figura. Obiettivo della Raggi è la costruzione di due liste civiche per le comunali, una vicina all’antimafia e l’altra di ispirazione cattolica. In questo modo, spera la sindaca, il Movimento sarà costretto a seguirla, anche perché il tanto sbandierato patto col Pd ancora non ha preso forma: manca una figura di sintesi, come manca ancora nel centrodestra. I dem, a loro volta, stanno prendendo tempo, sperando ancora che nomi di peso (su tutti David Sassoli) si rendano disponibili.

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