In Italia le donne continuano a guadagnare meno degli uomini. È come se una donna rispetto a un uomo cominciasse ogni anno a guadagnare per il suo lavoro dalla seconda metà di febbraio. Le retribuzioni sono sbilanciate verso gli uomini per un 10,4%. Un dato “ancora piuttosto significativo, per quanto rispetto al 2016 (12,6%) si sia registrato un calo”. L’Osservatorio la chiama “discriminazione salariale tout-court”, slegata dunque dalla collocazione in settori meno “ricchi” e dai ruoli.
Inoltre va considerato che le donne sono prevalentemente occupate in settori non industriali (servizi, finanza, commercio), dove però molto spesso i differenziali retributivi sono ancora più elevati. Dove le donne sono di più, dunque, i loro stipendi sono comunque più bassi di quelli dei colleghi uomini.
I dati presenti nell’elaborato sono il risultato di un algoritmo di calcolo ex-post, denominato “Riporto all’Universo”, che rende i valori pubblicati rappresentativi dell’intero mercato del lavoro italiano. Insomma la struttura occupazionale privilegia gli uomini ai più alti livelli: le donne-dirigenti sono solo il 31%, quelle quadro il 45% (fonte Istat). Alcuni obblighi – per esempio per le società quotate, grazie alla Legge Golfo-Mosca – hanno raggiunto i loro effetti.
Nei cda delle aziende si è arrivati infatti a un terzo di presenza femminile. Ma per gli osservatori non sembra di poter dire che la “promozione regolatoria” della parità di genere si sia ancora concretizzata in una trasformazione culturale.
Un dirigente donna in Italia guadagna circa 9.000 euro lordi in meno del collega uomo. La differenza di salario diventa di circa 2000 euro per i quadri, 2700 per gli impiegati e di 2500 per gli operai. Nella Ue le donne, nei vari settori economici, guadagnano in media oltre il 16% in meno all’ora rispetto agli uomini. Quello che ci dobbiamo chiedere è: come si pone l’Italia in questo contesto? Malissimo. I dati sono stati calcolati da JobPricing.
E intanto, però, in Islanda accade il “miracolo”. Una legge impone a istituzioni pubbliche e private, aziende, banche e a qualsiasi datore di lavoro con più di 25 dipendenti di assicurare pari retribuzione alle donne a pari qualifica con gli uomini. E Reykjavík, governata da una Grande coalizione a guida verde il cui premier è una donna, Katrin Jakobsdóttir, fa i primi bilanci.
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