La storia di Domenico Gatta ha conquistato tutti, è una di quelle favole bellissimo. Dopo una lunga apnea, il primo respito: “Ho passato anni della mia vita come se stessi sott’acqua e non riuscissi ad emergere, a respirare”. Perché ci sono casi in cui anche il respiro, l’atto automatico del riempire di aria i polmoni, può essere un sogno: “Guai a dare tutto per scontato”. Per questo Domenico – 47 anni, da Manfredonia, si sente un miracolato: ai primi di ottobre è arrivato all’ospedale Molinette in coma, vinto dalla fibrosi cistica che dopo anni di terapie lo stava uccidendo, si è risvegliato in una camera della terapia intensiva sentendosi un uomo nuovo. Ed è così, in senso letterale. La sua storia l’ha raccontata La Stampa.
A fare la differenza, tra il prima e il dopo, una maratona di 15 ore in sala operatoria che ha visto alternarsi diverse équipe e durante la quale per la prima volta in Europa è stato effettuato un trapianto combinato di ben quattro organi: polmoni, fegato e pancreas. Operazione eccezionale – un solo precedente, in Canada, su un paziente che però non versava in condizioni così disastrose – per affrontare una situazione eccezionale. Pochi giorni di vita. Un rapido confronto e la decisione dei medici torinesi, che hanno deciso di giocare il tutto per tutto. Richiesta degli organi collassati, da parte delle Molinette, “in emergenza nazionale”.
Poi l’ingresso in sala operatoria, e la salvezza. “Non ricordo nulla”, spiega Domenico. Lunghi anni di terapia nel tentativo di arginare una malattia che lo ha perseguitato dall’età di dieci anni. Un anno in lista di attesa per il trapianto di polmoni. Poi il collasso del fegato. E del pancreas. I medici sono i professori Mauro Rinaldi e Luca Brazzi, rispettivamente direttore del dipartimento di Cardiologia e della Terapia intensiva cardiochirurgica. “Il paziente è stabilizzato e sta recuperando la funzionalità respiratoria – spiegano -. Il Natale lo passerà a Torino, non si discute, ma se continua così potremo trasferirlo in un reparto di degenza”.
L’altro protagonista è il professor Renato Romagnoli, direttore Centro Trapianto di Fegato. Domenico, si guarda intorno: felice di poter riconquistare una vita normale, un traguardo alla volta. Tornare a vivere significa molte cose: stare seduto in carrozzina, azzardare qualche passo nel corridoio, riprendere ad alimentarsi con cibi solidi. Soprattutto: respirare senza fatica. Un trapianto, e che trapianto, una benedizione. E adesso? “Vorrei godermi la vita. Alzarmi la mattina sapendo che non dovrò sottopormi alle terapie, mettermi in viaggio senza una valigia di farmaci… è un’altra cosa. Più di tutto: liberarmi della bombola e tornare a respirare. Sì, per me e per mia moglie questo sarà il più bel Natale di sempre”.
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