Una rara malattia al fegato che colpisce un neonato su diecimila. E’ questa la causa della cattiva salute di Alessio, un bambino di 2 anni nato a Canicattì in provincia di Palermo. Quando i medici hanno scoperto della malattia il piccolo aveva solo due mesi. Ma oggi grazie ad un trapianto di fegato ed al coraggio del suo papà Alessio sta finalmente bene. Gioacchino infatti ha donato una parte del suo fegato per il trapianto del piccolo, ridando al figlioletto la speranza di vita. “Ma il regalo più bello me lo fa lui ogni giorno quando mi chiama papà – ha detto l’uomo alla Repubblica -, mi stringe, gioca con me”. Era la fine del 2019 quando Gioacchino e Stella, originari di Canicattì, erano andati dal pediatra per un ittero prolungato del bambino che li ha insospettiti. Così sono iniziati i controlli e le analisi negli ospedali. Poi la diagnosi della malattia all’Ismett di Palermo: atresia delle vie biliari. Una patologia che fino a qualche decennio portava alla morte tantissimi bambini, ma che adesso può essere curata con un intervento (il Kasai) che permette di andare avanti con il proprio fegato. Il 30-40 per cento dei bambini però ha comunque bisogno di un trapianto.
Papà Gioacchino e Stella hanno affidato il piccolo Alessio al professore Jean de Ville de Goyet, direttore del Dipartimento di pediatria per la cura e lo studio delle patologie addominali e dei trapianti addominali dell’Ismett. Il Professore ha eseguito più di 500 trapianti su bambini e più di 150 da donatore vivente, con una curva di sopravvivenza pari al 95 per cento che raggiunge il 100 per cento nel caso dei bimbi trapiantati grazie ad una donazione da vivente. Un tipo di operazione che in Italia eseguono solo il Bambino Gesù a Roma e appunto all’Ismett di Palermo. Ricordando l’intervento papà Gioacchino ha raccontato al quotidiano: “Eravamo in piena pandemia, fare visite ed esami era difficilissimo. Il primo intervento per ricostruire le vie biliari non è stato risolutivo. E così il professore ci ha messo davanti a un bivio: metterci in lista d’attesa per il trapianto da donatore deceduto o fare le analisi per capire se io o mia moglie fossimo compatibili per la donazione da vivente. Non ci ho pensato due volte, mi sono offerto. L’attesa è stata difficile, avevo paura di non poter aiutare mio figlio. Ma alla fine sono risultato compatibile”.
La mattina del 31 luglio 2020 Gioacchino è entrato in sala operatoria per il prelievo del fegato. Qualche ora dopo anche Alessio, che aveva appena otto mesi di vita, lo ha seguito per ricevere l’organo. Sono usciti entrambi di sera. Una settimana dopo erano già a casa. “Se posso passare questo giorno con mio figlio, è merito del professore De Ville e di tutti i medici e gli infermieri che si sono presi cura di noi”.
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