Per motivi storici e sociali, le donne non sono quasi mai state protagoniste del settore scientifico, e questo si è riflesso, fino ai decenni più recenti, anche sul settore informatico e tecnologico. Oggi finalmente le donne gremiscono le facoltà universitarie scientifiche, specie nel campo di biologia, medicina e scienza della vita. È importante parlare di donne in tecnologia e donne sul posto di lavoro in generale. Sono poche infatti quelle che trovano lavoro in settori come quello tecnologico e del management; un gap di quote rose che si assesta appena al 25% per quando riguarda il gentil sesso impiegato in ruoli tecno-scientifici.
Una soluzione possibile potrebbe essere lo smart working (che non è il semplice lavoro da casa: i dipendenti sono valutati non per le ore che passano in azienda ma per i risultati raggiunti a fine mese), un modo sicuramente per rivalutare le dinamiche del lavoro, per andare oltre il concetto di conciliazione di casa e lavoro. Una metodologia che nei paesi in cui è stata già applicata si è tradotta in sviluppo e nuove occasioni professionali. Ma la presenza femminile è destinata a crescere rapidamente nei prossimi anni a fronte del processo di trasformazione digitale. Sono comunque otto le professioni legate alla trasformazione digitale e all’innovazione che, in un futuro molto vicino, dovrebbero rappresentare le migliori opportunità di lavoro in tutti i settori di mercato: vale a dire il data protection officer, il digital information officer, il cyber security expert, il big data engineer, il mobile application developer, data scientist, l’esperto in metodologie agile e internet of things expert.
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Primo passo: rivalutare le risorse umane
A definire quella che è la geografia delle “quote rose” nel settore tecnologico è una ricerca di Net Consulting, riportata da Anitec (ovvero l’Associazione Nazionale Industrie Informatica, Telecomunicazioni ed Elettronica di Consumo). Secondo lo studio i ruoli ricoperti dalle donne in ambito tecnologico sono per lo più riferiti a Responsabili di Area (48,6%), Project Manager (45,7%) e Sviluppatori-Programmatori con una percentuali di 31,4%; “L’innovazione rappresenta il maggiore potenziale di crescita per il nostro Paese. Nel mondo delle startup e dell’innovazione è molto importante il contributo delle donne che rappresenta una quota fondamentale per la creatività e lo sviluppo delle idee – ha commentato Cristiano Radaelli, presidente di Anitec – “Viviamo in un mondo sempre più multitasking, in cui rapidità delle decisioni e capacità di visione strategica giocano un ruolo fondamentale. Sono due elementi in cui la capacità di management femminile è largamente sottoutilizzata”. Con l’innovazione tecnologica che potrebbe essere uno dei motori per il rilancio dell’industria italiana, bisognerebbe quindi innanzitutto rivalutare la gestione delle risorse umane e delle quote al femminile in questo settore, come propone lo stesso numero uno dell’Anitec: “Deve crescere la valorizzazione del ruolo della donna, anche grazie agli strumenti di lavoro digitale e a modalità di lavoro flessibile”.
Fondamentale è promuovere la formazione scientifica e tecnologica anche fra le donne. Ma nelle aziende italiane la presenza di queste figure si rivela ancora limitata e prevalentemente maschile, ma è destinata a crescere rapidamente nei prossimi anni a fronte del processo di trasformazione digitale che le imprese devono affrontare per competere e innovare. E’ questo uno dei risultati più significativi dell’indagine “Donne e digital transformation: binomio vincente”, condotta da NetConsulting Cube per conto di CA Technologies su un campione di responsabili delle risorse umane e direttori dei sistemi informativi di 60 aziende italiane e 225 studenti di Licei e Istituti Professionali per promuovere l’importanza della formazione STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ai fini dell’occupabilità femminile e sul ruolo delle donne nell’innovazione tecnologica.
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Quando il gentil sesso conquista la tecnologia. Donne nella robotica
Quando parliamo di robotica siamo abituati a leggere soprattutto di uomini che sono sempre in prima linea in questo campo. In realtà esistono anche tantissime donne nella robotica, che danno un contributo fondamentale. Recentemente Robohub, una delle maggiori comunità scientifiche nel campo della robotica, ha stilato una classifica dove sono presenti le 25 donne considerate dei geni della robotica.
Tra queste 25 protagoniste c’è anche l’italiana Maria Chiara Carrozza, laureata in fisica a Pisa e attualmente docente di biorobotica all’Università Sant’Anna di Pisa L’ex Ministro dell’Istruzione Carrozza è rientrata nella classifica di Robohub grazie al suo constante impegno per migliorare la qualità della vita delle persone attraverso lo studio e lo sviluppo di nuove tecnologie nel campo della bioingegneria, della robotica umanoide, della prostetica, dell’interazione umano-robot, dei sensori tattili e della pelle artificiale.
Nella classifica di Robohub ci sono donne da tutto il mondo, tutte con caratteristiche che le accomunano: entusiasmo, coraggio, ambizione, risultati ottenuti e la loro storia d’ispirazione. Il ruolo che svolgono a livello lavorativo varia da donna a donna. Ci sono imprenditrici, ricercatrici, startupper, inventrici, docenti,etc. Tutte attive nel campo della robotica e che riescono a dare un contributo fondamentale nel campo delle innovazioni.
Per citare qualche nome famoso nominiamo Raia Hadstell, ricercatrice presso Google DeepMind a Londra; Sarah Hensley, ricercatrice del MIT che attualmente sta lavorando ad un robot in grado di muoversi su Marte; Julie Schoenfeld, founder e CEO di Strobe, una compagnia tecnologica che si occupa di sviluppare immagini laser per le auto a guida autonoma. Neha Chaudhry, fondatrice di Walk to Beat/Bristol Robotics Lab Incubator e che ha inventato un bastone elettronico per aiutare i malati di Parkinson a camminare, etc. Oltre a queste donne ce ne sono altre che danno un grande contributo alla robotica. Parliamo di ricercatrici, di imprenditrici e di donne che occupano vari ruoli nella società.
Tra queste anche italiane come Cecilia Laschi della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che ha realizzato il robot soffice ispirato al polpo e Barbara Mazzolai che coordina il centro di micro-biorobotica di Pontedera. Quest’ultima è anche responsabile del progetto “Plantoide”, il primo robot al mondo ispirato alle piante. Le due ricercatrici collaborano tra loro e come in altri casi presto ci aspettiamo di veder nascere nuove innovazioni che daranno sicuramente altri grandi contributi alla robotica.
Per concludere possiamo solo dire che fortunatamente la robotica non è più ritenuto un ramo esclusivo per gli uomini. Le donne nella robotica sono sempre più presenti in progetti importanti dando il loro contributo a migliorare la vita delle persone.
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