C’è un’Italia, quella che ha i volti sorridenti di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che si affretta a mettersi in posa per festeggiare sul balcone di Palazzo Chigi e lanciare messaggi entusiasti sui social, celebrando l’intesa sullo sforamento del deficit dopo un lungo vertice. E un’Italia bis che invece ha paura, si ferma, si interroga sulle conseguenze in arrivo sul fronte finanziario, sui rischi che il Paese affronterà nei prossimi mesi. Iniziati con la nota di aggiornamento al Def, subito accompagnata dalla reazione dei mercati e dal calo di Piazza Affari, e destinata a proseguire con la presentazione del bilancio a metà ottobre, il giudizio della Commissione Europea e le valutazioni delle agenzie di rating. Una corsa a ostacoli appena iniziata e che ha rischiato di non vedere tra i protagonisti il più discusso di tutti, quel ministro Tria che alla fine si è trovato a chinare il capo di fronte alla maggioranza gialloverde.
Lui, il titolare dell’Economia, aveva provato a difendere fino all’ultimo le sue posizioni sul deficit. L’1,6% in prima battuta. Poi il due. Infine la resa: 2,4%, il triplo di quanto previsto dagli accordi europei. Un fallimento per il ministro, che aveva garantito agli investitori la sua determinazioni nel non arretrare, trincerato, e si trova ora a fare i conti con l’ira del mondo della finanza. Sconfitto, Tria ha pensato alla soluzione più ovvia: accettare la resa e rassegnare le dimissioni. Ma è stato stoppato dal presidente Mattarella: l’alto deficit e un passo indietro del ministro avrebbero infatti reso ancora più caotica la situazione nel Paese e l’inquilino del Quirinale, garante di valori costituzionali come il credito e il risparmio degli italiani, non ha voluto gettare benzina su un incendio già divampato.
E ora, cosa accadrà? Di Maio e Salvini sono convinti della bontà della loro scelta e non temono improvvise impennate da parte dello spread. L’accordo raggiunto al 2,4% era stato anticipato da molte testate nei giorni scorsi e in tanti hanno visto dietro a quella fuga di notizie la volontà dell’esecutivo di testare la reazione dei mercati. Il passaggio chiave sarà però la prossima, probabilissima bocciatura da parte della Commissione Europea, con il rischio dell’apertura di una procedura nei confronti dell’Italia per deficit eccessivo. Tria, finito sulla graticola e accusato dagli investitori di essere venuto meno alla parola data, resta preoccupatissimo. Su pressione di Mattarella ha ritirato le dimissioni, almeno per ora. Ma la sua posizione resta la più traballante. Il tutto mentre le prime, allarmanti previsioni si affacciano all’orizzonte. Il direttore della “Luiss School of European Political Economy” Messori ha subito tuonato: “Il 2,4% renderebbe difficilmente sostenibile in un’ottica di medio periodo il debito pubblico italiano e ci metterebbe a un bivio: o ricapitalizziamo o riduciamo il credito. Ricapitalizzare in questo momento è difficile, ci sarà una riduzione dei finanziamenti all’economia reale. Quindi il denaro costerà più caro e ci sarà meno liquidità e questo creerà molta incertezza che si propagherà al settore reale e si ridurranno gli investimenti”. Il contrario di quanto decantato da quell’Italia che esulta in balcone e sui social.
Caos governo. Di Maio e Salvini: patto segreto. Tria pronto a lasciare: chi al suo posto