“Non preoccupiamoci del debito pubblico, agiamo”. E se lo dice lui… L’ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi parla della pandemia da corovirus, in un intervento sul Financial Times. Non solo per la perdita di vite umane, ma anche per le conseguenze economiche, questa è “una tragedia di proporzioni bibliche”, e, suggerisce Draghi, “i governi devono mobilitare tutte le risorse disponibili, non importa se il costo è l’aumento del debito pubblico perché l’alternativa, una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi fiscale, sarebbe ancora più dannosa per l’economia” e in futuro per la credibilità del governo.
Agire, agire subito, senza remore per i costi del debito anche perché “visti i livelli attuali e probabilmente anche futuri dei tassi d’interesse” rimarranno bassi. “Livelli più elevati di debito pubblico diventeranno una caratteristica economica e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato”, ribadisce Draghi. L’ex presidente della Bce è particolarmente rimpianto in questi giorni per la risolutezza con cui seppe affrontare la crisi dell’Unione Monetaria Europea, per il suo “whatever it takes” pronunciato in occasione di un discorso il 26 luglio del 2012 alla Global Investment Conference di Londra, che diede inizio alla politica del quantitative easing, salvaguardando l’euro, affermazione risoluta ben diversa dall’atteggiamento dell’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde.
Draghi elogia le azioni intraprese finora dai governi europei, definendole “coraggiose e necessarie”, e sicuramente degne di sostegno. Ma non bastano: il costo ecomomico sarà enorme, e inevitabile. “Una profonda recessione è inevitabile”. L’importante è che non diventi la tomba dell’Europa: “È il compito specifico dello Stato – scrive Draghi – utilizzare le proprie risorse per proteggere i cittadini e l’economia dagli shock dei quali il settore privato non è responsabile, e che non può assorbire”. È sempre successo, e non a caso Draghi cita la Prima Guerra Mondiale. Di fronte a una guerra non resta che una mobilitazione comune. E “come europei” siamo chiamati “a darci supporto l’un l’altro per quella che è , in tutta evidenza, una causa comune”.
“In primo luogo bisogna evitare che le persone perdano il loro lavoro”, raccomanda Draghi, altrimenti “emergeremo dalla crisi con un livello di occupazione stabilmente più basso”, e le famiglie faranno fatica a ritrovare un loro equilibrio finanziario. Per questo non è sufficiente rinviare il pagamento delle tasse: bisogna immettere subito liquidità nel sistema, e le banche devono fare la loro parte, “prestando danaro a costo zero alle imprese” per aiutarle a salvare i posti di lavoro. Subito: “i costi dell’esitazione potrebbero essere irreversibili”. La memoria delle sofferenze degli anni 20 “dovrebbe metterci in guardia”.
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