Era il 22 marzo 2020 quando Giuseppe Conte, in un momento di grandissima agitazione con il Paese colpito all’improvviso dall’emergenza Covid-19, decideva di parlare agli italiani attraverso una diretta Facebook da Palazzo Chigi. In quell’occasione, l’ormai ex premier annunciava le misure che sarebbero state introdotte nei giorni successivi per contrastare la pandemia, finendo però nel mirino della stampa e degli esponenti politici dell’opposizione per non aver organizzato una vera e propria conferenza, con la possibilità di ricevere domande in diretta. Un anno dopo, niente è cambiato. Ma nessuno lo dice.
Fa sorridere amaro, infatti, guardare a quel passato non troppo lontano e paragonarlo all’attualità. Mario Draghi ha annunciato agli italiani che ci aspettano tempi duri, con l’intero Paese che passerà in zona arancione o rossa e le festività di Pasqua blindate, in lockdown. Lo ha fatto attraverso un monologo durante il quale nessuno ha avuto la possibilità di intervenire per porre interrogativi al premier, esattamente come Conte ai suoi tempi. Eppure stavolta, di polemiche e attacchi feroci, neanche l’ombra.
Un anno fa, dopo l’intervento di Conte, a intervenire schiumando rabbia erano stati, in ordine sparso, l’Ordine dei Giornalisti, l’Associazione stampa parlamentare, l’Usigrai e la Federazione nazionale stampa italiana, concordi nel definire “grave” e “inaccettabile” il non aver consentito “la possibilità di porre domande da parte dei giornalisti”. Una richiesta che Conte accolse a partire dalla successiva conferenza, consentendo le domande da remoto in conferenza stampa. Draghi, invece, non sembra al momento intenzionato a cambiare rotta.
Nel frattempo, però, nessuno ha aperto bocca. E pensare che, a inizio 2020, Matteo Renzi aveva pintato subito il dito contro Conte: “Il governo rispetti le regole della democrazia. Si riunisca il Parlamento. E si facciano conferenze stampa, non show su Facebook: questa è una pandemia, non il Grande Fratello”. Imitato, a stretto giro, da Giorgia Meloni: “Intollerabili i metodi di comunicazione da regime totalitario utilizzati dal governo per l’emergenza coronavirus”. Una polemica nella quale si era inserito anche Enrico Mentana: “Spiega perché si assumono decisioni così gravi, cosa c’entrano con la lotta contro il contagio, e tutte le belle frasi che abbiamo ascoltato, per poi essere bersagliati (noi, perché il premier non ha voluto domande) dai quesiti di chi chiedeva se la sua attività sia essenziale o no…”.
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