Mario Draghi decide di far sentire la sua voce sulla crisi in Ucraina dopo alcune ore di preoccupante silenzio. Il presidente del Consiglio condanna con fermezza l’azione russa in Donbass, assicurando l’appoggio dell’Italia alla decisione di infliggere sanzioni al regime di Vladimir Putin. Una risposta alle dure critiche appena piovutegli addosso anche da parte del Wall Street Journal. Ma per Draghi “la via del dialogo con la Russia resta essenziale”.
“Voglio prima di tutto esprimere la mia più ferma condanna per la decisione del governo russo di riconoscere i due territori separatisti del Donbass”, mette in chiaro Draghi durante la cerimonia di insediamento di Franco Frattini alla presidenza del Consiglio di Stato. “Si tratta di un’inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”, prosegue il premier italiano. “Sono in costante contatto con gli alleati per trovare una soluzione pacifica alla crisi ed evitare una guerra nel cuore dell’Europa. – prova a rassicurare Draghi – La via del dialogo resta essenziale, ma stiamo già definendo nell’ambito dell’Unione Europea misure e sanzioni nei confronti della Russia”.
Poco prima, il premier aveva dovuto subire l’attacco del Wall Street Journal. “L’Italia esita sulle pesanti sanzioni esattamente nel momento sbagliato”, si legge sul quotidiano economico americano che poi riporta le recenti dichiarazioni di Draghi secondo il quale “stiamo discutendo le sanzioni con la Ue, e nel corso di queste discussioni abbiamo reso nota la nostra posizione, che dovrebbero concentrarsi su settori ristretti senza includere l’energia”.
“Questo tipo di resa preventiva è esattamente il motivo per cui Putin ritiene che il prezzo di un’invasione sarebbe inferiore a quanto pubblicizzato. – osserva preoccupato il Wall Street Journal – L’Italia importa circa il 90% del proprio gas ed è uno dei maggiori clienti di Mosca nel continente. Il leader italiano non vuole che la sua eredità di Primo Ministro di unità nazionale sia offuscata da una crisi energetica, ma favorire l’imperialismo russo sarebbe una macchia molto più grande”.
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