Di crepe ce n’era già diverse, sin dal giorno dell’insediamento del nuovo governo. Ma nelle ore strettamente antecedenti alla divulgazione del Dl Sostegni, si è arrivati a un vero scontro, soprattutto tra Lega e Movimento 5 Stelle. Il tema era la questione delle cartelle esattoriali e dello stralcio. Sfidato dal subgoverno giallo-verde sul terreno scivoloso della cosiddetta pace fiscale Draghi è stato costretto ad accettare un compromesso. Ridimensionato e alleggerito, diverso da quello pensato dalla Lega, ma Draghi non l’avrebbe proprio voluto. Lo ha detto con nettezza durante il difficile e teso confronto. (Continua dopo la foto)
Tema tutt’altro che tecnico perché i diverbi sui tetti e sui tempi segnano il confine tra il fronte dell’intervento chirurgico, guidato dal Pd, e quello massimalista, in odore di condono, capeggiato dalla Lega e sostenuto da Forza Italia. I 5 stelle in mezzo, più defilati. Il premier stringe. Riunione a quattro nel suo studio per chiudere la questione, dare al Carroccio il minimo sindacale per fare rientrare la minaccia di non partecipare al Cdm e mandare all’aria il via libera ai 32 miliardi di aiuti al Paese travolto dall’emergenza Covid. (Continua dopo la foto)
Nello studio di Draghi – ricostruisce l’HuffingotnPost – la discussione si stringe con i partiti che sono più lontani tra di loro. Per la Lega c’è Giancarlo Giorgetti, Andrea Orlando difende la posizione dei dem. C’è anche il ministro dell’Economia Daniele Franco, l’uomo che per tutto il giorno ha confezionato la proposta di mediazione a via XX settembre, in contatto costante con il premier. Giorgetti, però, è arrivato a palazzo Chigi con una linea ben precisa, confezionata poco prima al ministero dello Sviluppo economico, dove è il padrone di casa, insieme a una delegazione del Carroccio. (Continua dopo la foto)
“Ma soprattutto insieme a Matteo Salvini. È stato lui a volere la riunione e a lanciare un segnale a Draghi. La linea: tenere il punto sulla posta massima e cioè la cancellazione delle cartelle, con un importo fino a 5mila euro, assegnate agli agenti della riscossione tra il 2000 e il 2015. Tutte le cartelle. La riunione a quattro nello studio del premier parte da qui. E Giorgetti ribadisce la linea. Si discute per quasi dure ore. E si passa così all’incasso di Draghi: via le cartelle fino a 5mila euro, ma solo quelle del periodo 2000-2010, non 2000-2015. E soprattutto quelle riferite a persone che nel 2019 avevano un reddito Irpef fino a 30mila euro. La Lega accetta, si va in Consiglio dei ministri. (Continua dopo la foto)
Draghi in conferenza ricorda che si tratta di cartelle che hanno un netto di circa 2.500 euro, arrivate poi a 5mila euro per via delle sanzioni e degli interessi. E sottolinea che a liberarsene saranno cittadini “con poca disponibilità economica”. Non i grandi evasori.
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