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Economia digitale italiana ancora troppo pigra

Non cresce l’economia digitale italiana. Lo conferma il Digital Economy and Society Index (DESI), il rapporto presentato nei giorni scorsi dalla Commissione Europea sulla digitalizzazione dell’economia, del sistema pubblico e della società. Secondo il rapporto, l’Italia è 25° in Europa, stabile rispetto allo scorso anno. In un anno, dunque, nessun miglioramento, per l’economia digitale italiana, se non in specifiche e sparute aree di intervento.

Cos’è il Digital Economy and Society Index

Si tratta di un tool che raggruppa più di 30 indicatori in cinque aree di intervento: connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali. L’insieme dei dati raccolti indica quanto ognuno dei Paesi membri dell’Unione Europea ha investito nella digitalizzazione dell’economia, tanto nel sistema pubblico, quanto nel sistema sociale in genere. L’Italia, come già detto, è 25°, praticamente a pari merito con Croazia e Polonia, avanti solo a Grecia, Bulgaria e Romania, distante anni luce dalle prime della classe, Danimarca, Finlandia e Svezia.

Economia digitale italiana. Ecco cosa non funziona

Economia digitale italiana

L’economia digitale italiana nel 2016 è migliorata solo in termini di connettività, grazie soprattutto all’accesso alle reti di nuova generazione. Per il resto, le performance sono abbastanza imbarazzanti. In particolare, risultati scadenti riguardano la mancanza, o la scarsa presenza, di competenze digitali. Gli italiani usano poco e male la rete, per lo più per attività di intrattenimento e svago, come musica, video, social, come confermato dagli studi dei trend di settore. Le scarse o nulle competenze digitali, dice l’Europa, sono un fattore frenante per lo sviluppo dell’economia digitale italiana e per la sua società. Ecco qualche esempio. Il 59% degli europei si affida a transazioni e pagamenti elettronici. In Italia la media è ferma al 42%. L’utilizzo dei servizi di e-goverment, in Europa, si attesta intorno al 34%, mentre in Italia è fermo al 16%, un dato addirittura in diminuzione rispetto al 18% dell’anno precedente. In generale, i servizi pubblici online, che pure ci sono, sono scarsamente utilizzati. Non va molto meglio in ambito privato. Le aziende che si sono lanciate nella vendita online sono appena il 7%, rispetto al 17% della media europea. Unico dato confortante, nel settore business, riguarda la fatturazione elettronica, assestata al 30% rispetto al 18% europea. Il primato è presto spiegato con il fatto che, per alcune transazioni, la fatturazione elettronica è divenuta obbligatoria.

Italia nel digital divide

Nel complesso, l’Unione Europea ha migliorato la sua prestazione digitale di 3 punti rispetto allo scorso anno ma, secondo gli analisti, i progressi potrebbero essere più rapidi. Sconcerta inoltre il divario digitale fra un paese e l’altro. Fra il primo classificato, la Danimarca, e l’ultimo, la Romania, ci sono ben 37 punti percentuali. Non solo. I paesi in testa alla classifica sono competitivi anche nelle classifiche mondiali, e se la giocano con Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Si segnalano, in questo quadro, le ottime performance di Slovacchia e Slovenia. Per contro, tutti i Paesi dell’area Sud Est sono in ritardo già rispetto alla media Europea. L’economia digitale italiana è nel blocco dei più pigri.

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