La parola “lockdown” è purtroppo entrata nel nostro vocabolario comune. Ora uno studio di tre ricercatori fissa alcuni concetti che – a un anno dalla prima chiusura totale del nostro e di tanti altri Paesi – risultano essere davvero sorprendenti. Il Centre for Economic Policy Research arriva alla conclusione che “le restrizioni impiegate per un periodo lungo, oppure reintrodotte a uno stadio avanzato della pandemia (per esempio nell’eventualità di un nuovo aumento dei casi) esercitano, al massimo, un effetto più debole, attenuato, sulla circolazione del virus e sul numero dei decessi”. (Continua a leggere dopo la foto)
In sostanza: più è lungo il lockdown, minori effetti ha. Patricio Goldstein della Harvard University, Eduardo Levy Yeyati dell’università Torquato Di Tella (Buenos Aires) e Luca Sartorio del ministero del Lavoro argentino hanno raccolto un database di informazioni per 152 Paesi dall’inizio della pandemia al 31 dicembre 2020 (quindi dati non influenzati da campagne di vaccinazione). Come riporta il Corriere, “il livello d’intensità dei lockdown utilizzato è quello misurato dall’università di Oxford che considera tra l’altro la chiusura delle scuole, dei luoghi di lavoro e le restrizioni agli eventi pubblici”. (Continua a leggere dopo la foto)
L’intensità dei movimenti nei luoghi sottoposti alle restrizioni è quella misurata da Google Maps. “L’obiettivo era vedere la modifica, nel tempo di vita dei lockdown, dell’indice di contagio Rt e l’evoluzione dei decessi da Covid-19. Dopo 120 giorni – è il risultato dell’analisi – un lockdown stretto «ha un effetto significativamente più attenuato» sulla riduzione del numero dei morti rispetto alle prime fasi delle restrizioni. E sull’indice Rt «non ha un impatto significativo». Probabilmente, molti di noi lo sospettavano ma lo studio misura il fatto che, con il passare del tempo e con l’aumento della fatica da lockdown, le limitazioni delle autorità «sono sempre più ignorate»”. (Continua a leggere dopo la foto)
I tre analisti osservano che le restrizioni “dovrebbero essere rigorose e brevi”. Questo rendimento decrescente della chiusura delle attività – conclude il Corriere – dovrebbe essere tenuto in conto dalle politiche dei vari Paesi, soprattutto quelli – per esempio i più poveri – che stanno trovando enormi difficoltà a realizzare campagne di vaccinazione di massa e devono ricorrere a difese alternative”.
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