“Largo ai giovani nel partito”, aveva esortato Enrico Letta nel suo discorso della sconfitta post-elettorale, annunciando le sue dimissioni da segretario del Partito democratico, in vista di un nuovo congresso dem.
E così, nel weekend, sono venuti fuori due nomi considerati molto forti, ma che in realtà circolavano già da tempo: quello del presidente dell’Emilia Romagna, Walter Bonaccini e quello della giovane deputata Elly Schlein, che di Bonaccini è la vice.
In realtà quello di Schlein è un nome che viene portato avanti dall’ala più a sinistra del cosiddetto fronte moderato, ma che non ha ancora ricevuto una candidatura ufficiale da parte della diretta interessata.
In una lunga intervista rilasciata oggi a La Repubblica, Schlein dice che al Congresso “serve una discussione con le persone e nella società, non nel ceto politico. L’obiettivo deve essere superare le contraddizioni di questi anni che hanno prodotto fratture e fatto sentire orfani tanti elettori ed elettrici della sinistra”.
Il Pd, secondo lei, ha “mancato il lavoro su politiche redistributive della ricchezza, del sapere e del potere. La sinistra non è riuscita ad anticipare le grandi trasformazioni che stanno spaventando le società. L’aumento delle diseguaglianze, gli effetti sul lavoro delle innovazioni tecnologiche, l’emergenza climatica che mette a rischio il pianeta”.
Schlein dice che la sinistra “ha governato a lungo senza agire sulle cause profonde della precarietà del lavoro. Lavoro e povero non dovrebbero mai stare nella stessa frase”, entrando poi nel merito di alcune azioni del partito, come il Jobs Act, bolla come “errore di abbandonarsi al mantra neoliberista della disintermediazione”.
La svolta a suo avviso: “Limitare il ricorso ai contratti a termine e alzare subito i salari, il taglio del cuneo va fatto a favore del lavoro. Introdurre il salario minimo, una grande battaglia mancata in questi anni. Siamo l’unico Paese dove gli stipendi sono diminuiti negli ultimi 30 anni”.
“Serve un nuovo Statuto dei lavoratori, la sinistra del 2023 non può non vedere che l’innovazione tecnologica ha facilitato i processi produttivi ma aumenta le diseguaglianze. Se non facciamo una legge sulla rappresentanza non spazzeremo via i contratti pirata. Il problema del precariato è legato anche alla sicurezza sul lavoro, serve un grande investimento, non è accettabile morire né di lavoro né di stage”.
E ancora la Schlein attacca le scelte del suo stesso partito sull’immigrazione: “errori enormi, commessi per rincorrere la destra”, dice, riferendosi alle decisioni di Marco Minniti, ministro dell’Interno del governo Gentiloni, tutte emanazioni renziane. Al senatore fiorentino sembrano essere addebitate tutti peccati originali degli ultimi anni dei dem.
Molto pesanti le critiche alla posizione di Schlein, che porterebbero verso la definitiva irrilevanza il partito, proprio tentandone uno spostamento a sinistra.
La critica più piccata arriva dall’autore della presunta riforma del lavoro attaccata proprio dalla deputata, Matteo Renzi: “Se la segreteria del Pd dovesse andare a Elly Schlein, mezzo Partito Democratico verrebbe da noi, è un dato di fatto”.
E arriva poi la storpiatura del suo nome da parte di un alfiere del lavoro del centrosinistra, Chicco Testa che in un tweet commenta: “Dunque se ho capito bene Elle Shlein a nemmeno 40 anni è stata europarlamentare, vice Presidente Emilia Romagna e oggi è Deputata. Però rappresenta la società civile”.
La tesi della maggioranza più o meno silenziosa del Pd, quella dei cosiddetti “responsabili”, dai quali bisognerebbe forse contare l’appoggio numerico all’elezione del presidente del Senato, Ignazio La Russa, è che da quando fa la parlamentare europea e poi vicepresidente della Regione, e ora deputata che dice le stesse cose con gli stessi risultati: il nulla, tanto fumo e niente arrosto.
Perché? Lo spostamento agli estremi di un partito come il Pd che negli ultimi dieci anni aveva fatto il percorso inverso potrebbe sancirne l’implosione o l’irrilevanza.