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Elon Musk: Tesla, possibile privatizzazione, ecco perché

Elon Musk, oltre ad essere un grande imprenditore e visionario, è anche una figura molto imprevedibile, come ha dimostrato in più occasioni. L’ultima proprio l’altro giorno, quando con un tweet ha espresso il desiderio di voler privatizzare Tesla, ossia di portarla via da Wall Street, nel caso in cui raggiungesse il valore per azione di 420 dollari. A sorpresa, prima su Twitter e poi con un comunicato ufficiale, Elon Musk ha fatto sapere che Tesla potrebbe anche uscire dai mercati regolamentati, per divenire 100% privata. E intanto, come solito, le quotazioni sul mercato fluttuano per il titolo Tesla, oltre il 10% di crescita. Con una serie di tweet il fondatore della società ha annunciato il cambio di rotta. Prima l’ironia dei follower, poi la sorpresa. E una nota ufficiale dove spiega i tre motivi per cui lo fa. A dirla tutta subito dopo il tweet in pochi l’hanno preso sul serio. “Fa sul serio?” si chiedevano in molti su Twitter. Ma la conferma è arrivata qualche ora dopo.

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L’annuncio del probabilissimo ritiro di Tesla dal mercato azionario

Prima con un tweet sulla piattaforma social, poi con un comunicato stampa diffuso ai dipendenti dell’azienda. A cosa porterà ciò? Elon Musk, ha avanzato su Twitter l’ipotesi di privatizzare la compagnia e abbandonare quindi la quotazione in Borsa. Le azioni sono aumentate del 11% a 379 dollari. Ecco alcuni estratti dal comunicato che Tesla ha diramato il 7 Agosto 2018, in una lettera redatta e firmata da Musk in cui prova a spiegare le ragioni della ri-privatizzazione, dopo l’ingresso in borsa dell’ormai lontano 2010. O almeno così sembrerebbe.

“Sto considerando di rendere Tesla privata a 420 dollari. I soldi ci sono”, ha scritto l’imprenditore. La conferma è arrivata due ore dopo, in una nota ufficiale della società come lettera ai dipendenti di Musk, in cui conferma intenzioni, spiega il piano, e dà spiegazioni sulle ragioni della sua decisione. La mossa potrebbe portare la società a valere circa 70 miliardi, e potrebbe diventare di diritto la più grossa operazione di privatizzazione di una società quotata, almeno nella storia americana. 

“In secondo luogo, la mia intenzione è che tutti i dipendenti Tesla restino azionisti della società, proprio come accade a SpaceX. Se dovessimo diventare privati, i dipendenti sarebbero comunque in grado di vendere periodicamente le loro azioni e esercitare le loro opzioni. Ciò consentirebbe a voi di condividere ancora il valore crescente dell’azienda, quello che avete contribuito duramente a costruire nel tempo”. “In terzo luogo, l’intenzione non è quella di unire SpaceX e Tesla. Continuerebbero ad avere proprietà separate e strutture di governance. Tuttavia, la struttura prevista per Tesla è simile in molti modi alla struttura SpaceX: azionisti esterni e azionisti tra i dipendenti che hanno l’opportunità di vendere o acquistare circa ogni sei mesi”.

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Perché Musk vuole privatizzare Tesla

Elon Musk ha espresso questa suo desiderio per il fatto che Tesla è stata esposta molto alle critiche degli analisti negli ultimi mesi per via del troppo capitale bruciato rapidamente. Musk non ama le critiche della stampa, in occasione della prima trimestrale dell’anno si lamentò delle domande “noiose”e “stupide” dei giornalisti nella conferenza di presentazione dei dati finanziari che mandarono a picco il titolo in borsa. Il ritiro dalla borsa significa che Tesla cesserà di essere a tutti gli effetti una S.p.A, ossia una società per azioni (Inc. nel mercato americano). Questo porterebbe a dare più potere al nucleo effettivo della compagnia sulle scelte strategiche, gli investimenti e – a fine anno – i dividendi. Per inciso: le azioni rimangono, ma non saranno quotate in borsa. Il titolo intanto è schizzato in alto. “Ogni singola azione sarà messa in vendita a partire da 420 dollari” ha scritto su Twitter Elon Musk. Privatizzare vuol dire appunto in questo caso togliere il titolo dalla borsa.

Musk oggi possiede il 20% di Tesla. Ha bisogno di 50 miliardi di dollari per comprare le azioni dagli altri azionisti, cui si aggiungono 10 miliardi di dollari di debito. Numeri che parlano di un’operazione gigantesca, che supererebbe l’acquisizione di 45 miliardi di dollari del gigante energetico texano – Energy Future Holdings – nel 2007. Per Musk portare a termine questo piano potrebbe essere assai complesso. A cominciare dal fatto di dover negoziare con il proprio board, e poi con chi in questo momento possiede le azioni (gli servirà il 51% dei voti favorevoli in consiglio di amministrazione). E 20% in possesso di Musk non è una garanzia di successo. Insomma, ci sono tutte le indicazioni per non pensare che si tratti di una goliardata di mezza estate, ma che sia davvero qualcosa di più concreto. Musk vuole che la Tesla operi in maniera più tranquilla e vuole anche dimostrare di poter centrare gli obiettivi di produzione della Model 3, l’auto elettrica per il grande pubblico e cruciale nei piani di Tesla per balzare in utile. La mossa aiuterebbe peraltro l’azienda a superare un possibile attuale trimestre negativo, sospinto verso il basso proprio dai continui problemi di produzione della Model 3.

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