Un’epoca è finita. Lo dice senza troppi giri di parole Enrico Mentana, ospite di una tre giorni organizzata a Viterbo dalla fondazione Caffeina per discutere della democrazia e della sua sopravvivenza in un’epoca di grandi cambiamenti, dove si sente il bisogno di conciliare la partecipazione diretta e immediata dei cittadini alla vita politica con la necessità di preservare le regole inviolabili del confronto democratico. Il direttore del Tg La7, intervistato dal direttore artistico di Caffeina Filippo Rossi durante la manifestazione Lezioni di Democrazia, ha parlato di un momento storico in cui a spiccare la protesta, in qualsiasi forma: “Anti-establishment, anti-casta, anti-detentori del sapere. Chi ha perso le ultime elezioni in Italia non si è reso conto di aver smarrito il contatto con la realtà, di offrire ricette prefabbricate e non più funzionanti. Sono saltati tutti gli schemi del Novecento ai quali eravamo abituati, compreso quello che pareva più solido: la polarizzazione tra destra e sinistra”.
La democrazia? Ha il fiatone, un evidente affanno. “L’idea stessa della superiorità della democrazia è un po’ esausta – ha aggiunto Mentana – le democrazie sono faticose, è complicato prendere decisioni condivise. Il tutto a vantaggio di chi ha meno democrazia ma più aggressività. Siamo un Paese che ha smesso di credere ai partiti come guida e si rivolge a tutt’altro.
Oggi le persone vengono attirate dall’uomo forte. Tanti si sono innamorati di Renzi nel 2014 pur non essendo di sinistra, oggi altrettanti si innamorano di Salvini pur non essendo di destra. C’è voglia di qualcuno che sparigli e prenda le redini del Paese. Un’epoca è finita e quando cambia un’epoca c’è una fase in cui può succedere di tutto. Non è più il tempo dell’alternanza popolari-socialisti, che ha segnato gli ultimi trent’anni della politica europea. Oggi in Italia agli elettori viene proposta solo una soluzione sovranista, manca l’alternativa”.
A togliere il terreno sotto i piedi alla democrazia è una società, la nostra, che non riesce più a riorganizzarsi e vive schiava delle sue contraddizioni, quelle che hanno visto venire meno un conflitto che era stato storicamente un motore vitale per le generazioni passate: “Non c’è più il dualismo con i propri genitori – ha sottolineato Mentana – la voglia di essere più di loro. La mamma e il papà, oggi, servono a mantenere i figli. Prima si pensava che le generazioni future sarebbero state migliori, più agiate, ora crediamo sarà più dura per chi verrà dopo. Chi voleva fare un lavoro una volta era probabile che ci riuscisse, ai giorni nostri è difficilissimo. Raccontiamo ai nostri figli dinamiche che non esistono più. Continuiamo a lavorare per non rimanere senza far niente e così facendo togliamo spazi vitali in cui potrebbero inserirsi quelli con meno anni di noi. Prima la politica indicava il futuro, oggi nessun partito ne parla, si limitano all’esistente”.
In un mondo così incerto e mutevole, con il disastro della politica tradizionale che ha portato con sé la messa in discussione di tutto, “anche di quello che non andrebbe discusso, come i vaccini”, le prossime votazioni europee potrebbero secondo Mentana mettere l’ultimo chiodo sulla bara del Novecento e dei suoi echi residui: “Saranno elezioni forti, spettacolari. Sovranisti contro anti-sovranisti. Da un lato Orban, Salvini, la Le Pen e compagnia. Dall’altro un fronte liberale. Vincessero i primi, cambierebbe la stessa idea di Europa. Uno scontro inedito, un duello che si combatterà con le nuove regole. Quelle che non tutti riescono ancora a capire”.