Le polemiche su Facebook e sulla privacy non si placano. Dopo gli scandali degli ultimi giorni ed il polverone sollevato dal New York Time per gli accordi stretti fra il popolare social e i big della telefonia mondiale, a gettare benzina sul fuoco è stata la sentenza della Corte Ue relativa al caso della tedesca Wirtschaftsakademie. Cosa è accaduto e quali novità ci sono sulla tutela dei dati degli utenti? Ebbene la sentenza dei giudici di Lussemburgo rischia di stravolgere il lavoro di molti professionisti e di gettare nel panico numerosi social media manager. Perché? E’ stato stabilito, infatti, che chi cura le pagine Facebook, siccome può ottenere dati statistici sui visitatori, sarà responsabile della privacy degli utenti e della destinazione d’uso dei dati raccolti grazie ai cookies associati agli utenti per realizzare nel migliore dei modi il monitoraggio del loro collegamento. Insomma una vera e propria rivoluzione.
Facebook e privacy: la sentenza
I giudici della Corte Europea hanno stabilito la corresponsabilità degli amministratori delle pagine Facebook per la tutela della privacy degli utenti che utilizzano il noto social. Cosa significa tutto ciò? Secondo la recente sentenza stabilita dai giudici, infatti, chiunque gestisca una normale fanpage ed usi gli strumenti messi a disposizione dalla stessa piattaforma per beneficiare dei relativi servizi è responsabile della privacy degli stessi utenti e della loro cerchia di amici ed è quindi tenuto alla protezione di tali dati.
A finire nell’occhio del ciclone è quindi la tab denominata Facebook Insights e presente in ogni pagina fan.
Come funziona tutto ciò e come mai sono sorti problemi? Ebbene ciascuno di noi, navigando su Facebook dal proprio pc, dal proprio cellulare di ultima generazione o dal proprio tablet si ritrova associato ad un codice unico che, quando si accede ad una fanpage consente a quest’ultima di raccogliere ed elaborare informazioni molto preziose. Quali? Sesso, età e provenienza sono solo le prime informazioni che vengono immediatamente raccolte.
Insomma visto che si parla sempre di dati degli utenti e che per mettere mi piace ad una fampage o per visionare i contenuti da essa pubblicati nessuno chiede il consenso a nessuno, sarà bene correre ai ripari.
La sentenza della Corte Ue parla chiaro. Lo ha imparato sue spese la società tedesca Wirtschaftsakademie che si occupa di fornire servizi di formazione attraverso la sua pagina fan su Facebook. Ora con la diffusione della notizia, però, tutti ne sono venuti a conoscenza. Come si è scatenato però questo polverone e come si è giunti a questa storica sentenza? Ebbene a quanto pare l’autorità di vigilanza della privacy del Land dello Schleswig-Holstein aveva chiesto, in tempi non sospetti, ovvero nel 2011, di disattivare la pagina della società perché nessuno aveva informato i visitatori della raccolta di informazioni personali.
Nel corso dei dibattimento l’azienda tedesca ha cercato di scaricare tutte le responsabilità sul noto social, ma i giudici non lo hanno permesso. Cosa accadrà ora?
Facebook e privacy: i compiti di un amministratore di fanpage
Perché la Corte Ue ha chiamato in causa proprio gli amministratori delle fanpage su Facebook stabilendo che fossere responsabili insieme al social stesso della tutela della privacy degli utenti?
Ebbene come molti sanno qualsiasi amministratore ha accesso a dati importanti per il suo lavoro e la gestione del proprio business. E’ l’amministratore, infine, che può decidere quali dati raccogliere e come elaborarli andando a definire il pubblico di riferimento e a cercare informazioni sugli stili di vita e sugli interessi dei fan.
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