Un bellissimo articolo comparso su Inc, noto giornale online dedicato ad impresa e tecnologia, pone nuovamente l’accento sul futuro di Facebook. L’editoriale firmato da uno dei pezzi grossi del magazine a stelle e strisce mette ancora sotto la lente d’ingrandimento l’atteggiamento del fondatore e capo assoluto di Facebook, Mark Zuckerberg. Secondo l’analisi di Inc, fino a che le strade di Facebook e del suo fondatore non viaggeranno su binari indipendenti, il social network subirà l’influenza (secondo questa teoria, negativa) di chi l’ha creato e fatto crescere, forse a dismisura. Ma torniamo indietro, e partiamo proprio dalle dichiarazioni di Mark Zuckerberg.
Cosa ha detto Zuckerberg sul futuro di Facebook
Il numero uno di Menlo Park ha parlato molte volte in conseguenza dello scandalo Cambridge Analytica che peraltro non è ancora del tutto chiuso. Tra le molte interviste, quella dello scorso 2 aprile rilasciata a Ezra Klein su Vox.com è particolarmente significativa. In questa intervista Mark Zuckerberg riconosce che Facebook, nella sua fretta di connettere il pianeta, ha causato alcuni problemi. È diventato un vettore di informazioni false, incitamento all’odio e propaganda e un motore di partigianeria politica negli Stati Uniti e pulizia etnica in Myanmar, tra molte altre cose. «Quando abbiamo iniziato, abbiamo pensato a quanto sarebbe bello se le persone potessero connettersi, se tutti avessero una voce – ha detto Zuckerberg – Francamente, non abbiamo speso abbastanza tempo per investire, o per riflettere, su alcuni degli usi negativi degli strumenti». Ora che il lato negativo è diventato inevitabile, Facebook sta lavorando sulle correzioni, ma ci vorranno alcuni anni per fare progressi reali, secondo Zuckerberg. Egli prevede che Facebook sarà considerato «estremamente positivo» per il mondo tra cinque e dieci anni. «Vorrei poter risolvere tutti questi problemi in tre mesi o sei mesi – ha detto a Vox.com il numero uno di Facebook – ma penso solo che risolvere alcune di queste problematiche richiederà un periodo di tempo più lungo».
Facebook: quando cresci e… basta
Quando Andy Johns ha iniziato il suo nuovo lavoro nel team di User Growth di Facebook nel 2008, il social network aveva circa 100 milioni di utenti, meno del 5% del suo totale attuale. In uno dei suoi primi giorni, Johns ha pranzato con il suo nuovo capo, Chamath Palihapitiya, che era noto per essere “aggressivo e senza paura di rischiare”. Johns chiese a Palihapitiya quale tipo di crescita avrebbe dovuto produrre, in particolare se c’erano alcuni segmenti o regioni in cui Facebook stava cercando di aggiungere utenti. La risposta di Palihapitiya fu emblematica di quello che sarebbe stata la crescita di Facebook negli anni successivi: “È un fottuto momento di conquista di terra, quindi prendi tutta la fottuta terra che puoi ottenere.” Scrivendo anni dopo a proposito di questo incontro, Johns osservò: “In altre parole mi aveva detto di non fare una domanda così stupida la prossima volta. Prendi l’intero pianeta su Facebook”. Pur sorpreso dal tono del suo capo, Johns sapeva anche che proveniva direttamente dal vertice dell’azienda. Palihapitiya era vicino al fondatore di Facebook Mark Zuckerberg. Il team di crescita di Facebook ha avuto voce in capitolo su ogni significativo prodotto e decisione ingegneristica e operativa, in gran parte grazie al supporto di Zuckerberg e del suo COO recentemente assunto, Sheryl Sandberg. Zuckerberg ha detto che la realizzazione della crescita (del numero di utenti, ndr) è stata “la più importante caratteristica del prodotto che abbiamo portato a termine con la creazione di Facebook”. Avanzamento rapido da un decennio fino al 2018. Il tempo di presa a terra è finito.
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Che cosa non funziona più di Facebook
Palihapitiya oggi è diventato un venture capitalist di successo ed è molto, molto critico a proposito di Facebook. In un’intervista dello scorso dicembre a Repubblica, diceva: «Facebook, per come è oggi, non lascia spazio ad alcun discorso civile, ad alcuna cooperazione perché punta alla misinformazione e alla mistificazione della verità». Parole pesantissime, ma non lontane dalla relatà dei fatti. Ma quello di Facebook è davvero solo un problema di dimensioni? Certo che no, anche se l’esser cresciuti “conquistando utenti come non ci fosse un domani”, come sottolineato da Johns, non ha aiutato il team a concentrarsi sulla qualità dell’ambiente, sulle interazioni, sulla possibilità per gli utenti di comunicare realmente tra loro e con la piattaforma. Quindi cosa non funziona più realmente su Facebook? Forse non lo sa nemmeno Zuckerberg, almeno, questa è la tesi di molti osservatori. Nella citata intervista a Vox.com il numero uno di Menlo Park sostiene di non voler stare «ai capricci degli azionisti a breve termine» e afferma di poter «davvero progettare nuovi prodotti nel migliore interesse della comunità di Facebook». Sì, ma per fare cosa? Come mitigare la crescita incontrollata della community senza introdurre rigidità e di fatto aprire la via ad una fuga massiccia dal social network? Come migliorare l’interazione senza inaccettabili e palesi violazioni della privacy? Quando su Vox.com fanno notare a Zuckerberg che la necessità di ottimizzare il prodotto di Facebook per il coinvolgimento è dietro a molti dei suoi epifenomeni dannosi, lui reagisce bruscamente. «Trovo questo argomento, che se non stai pagando in qualche modo non possiamo preoccuparci di te, sia estremamente disinvolto e per nulla allineato con la verità. La realtà qui è che se vuoi creare un servizio che aiuti a connettere tutti nel mondo – dice Zuckerberg – allora ci sono molte persone che non possono permettersi di pagare. E quindi, come con molti media, avere un modello supportato da pubblicità è l’unico modello razionale in grado di supportare la costruzione di questo servizio per raggiungere le persone».
Quindi Zuckerberg sta dicendo che non può (e non vuole) rinnegare la strategia che ha fatto di Facebook “il” social network. O meglio, come dice Inc, il “peccato originale”, cioè la via di minor resistenza alla crescita. Mentre resta sempre molto nebuloso come Facebook potrebbe migliorare il suo ecosistema di interazione, senza danneggiare inserzionisti e senza incappare in “incidenti” come quelli dello scandalo Cambridge Analytica. Insomma, l’idea che Facebook possa diventare una forza “massicciamente positiva” tra qualche anno senza fare nulla che assomigli alla “vera ricerca della sua anima” è – per citare proprio Zuckerberg – una teoria estremamente disinvolta e per nulla allineata alla verità.
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