Le fake news sono un problema serio, talmente serio da essere preso in considerazione dagli stessi organi istituzionali, che si ritrovano a dover combattere con i temuti social media, i primi e più importanti divulgatori di notizie false.
Ma perché le notizie false veicolano in modo così veloce?
E perché gli italiani sono tra i popoli che ci credono di più?
In primo luogo uno studio del 2014 condotto dalle Università di Lione, Lucca e Boston hanno analizzato circa 2,3 milioni di persone su Facebook differenziate secondo pagine di diverse categorie, ovvero tra il mainstream, quelle di informazione e quelle di politica in un periodo di tempo preciso (i mesi a cavallo tra il 2012 e il 2013).
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Le persone che “si fanno influenzare”
Ebbene, i risultati sono stati a dir poco interessanti: quelli “più abbindolati” sono proprio coloro che si nutrono di informazioni in controtendenza rispetto a quelle tradizionali. Chi insomma cerca una scappatoia alle opinioni diffuse è anche chi è maggiormente condizionato dalle bufale.
Dunque chi legge e si nutre di informazione alternativa risulta maggiormente manipolabile e proteso alla credenza di notizie senza alcun fondamento.
Il problema è da attribuirsi anche alla superficialità della lettura. Oggi si ha poco tempo per verificare l’attendibilità a e la fonte di una notizia, che resta tale se non comprata. Mentre le notizie vere, e reali, supportate da diverse angolazioni, subiscono lo stesso trattamento di quelle false non essendoci un filtro che le distingue, né tantomeno un’adeguata attenzione da parte del lettore.
Il buono e il cattivo giornalismo si fondono insieme, sopraffati da un processo che vede le visualizzazioni, seguite da campagne di sponsorizzazioni sui social, molto più accattivanti e remunerative di un buon articolo scritto a dovere, compresa l’attendibilità della fonte.
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I risvolti nella politica
Purtroppo il pericolo della disinformazione di massa è più che mai reale: secondo i dato della ricerca Swg “Odio e falsità in rete. La percezione dei cittadini”, dicono che è ormai diventata consuetudine non solo sui social media e sui giornali, ma negli stessi luoghi di lavoro come le aziende un’assuefazione sia alle fake news sia agli hate speech. Secondo lo studio sono i laureati e in generale le persone più colte ad essere maggiormente preoccupante per il dibattito attuale e le sue dinamiche, mentre coloro che hanno appena la licenza media non percepiscono il pericolo né si definiscono preoccupati e sfiduciati.
Purtroppo anche la stessa Associazione che ha realizzato lo studio, la Parole Ostili, ha rilevato un aumento della percezione di dibattito aggressivo ben più diffusa rispetto a 10 anni fa (ben il 47% del campione).
Le fake news e l’hate speech fanno inoltre parte del sentire comune anche in ambiti sociali importantissimi, come la politica. E, visto il delicato momento storico che stiamo attraversando, resta una questione più che mai attuale.