Fase 2 in arrivo? Sì, ma con profonde differenze tra Nord e Sud. Di principio si comincerà dalle aziende, poi toccherà ai negozi e infine a bar e ristoranti: la riapertura progressiva dell’Italia seguirà criteri di settore per la ripresa delle attività produttive e criteri territoriali per il ripristino (controllato e ridotto) della libertà di movimento dei cittadini. L’Italia sarà dunque divisa in tre macroaree. Il Corriere della Sera prova a spiegare l’imminente futuro e scrive oggi che si comincerà dalle aziende, seguendo la tabella dell’Inail che classifica i livelli di rischio per i dipendenti. E dunque già mercoledì 22 aprile potrebbero ripartire alcune imprese che avranno dimostrato di poter rispettare le norme.
Le norme della Fase 2 prevedono “distanziamento di almeno un metro, dotazione di dispositivi di protezione come guanti e mascherine, pulizia due volte al giorno, dispenser di disinfettanti agli ingressi e vicino ai computer, sanificazione dei sistemi di areazione, smart working per il maggior numero di dipendenti, orari differenziati per gli altri. Sì ai settori della moda,al tessile,alla produzione di autoveicoli e motocicli, al trattamento dei rifiuti”. E poi i cantieri, le cave, le agenzie interinali. Ma sul calendario nulla è ancora deciso. Spiega ancora Il Corriere: “In un secondo momento saranno i negozi a riaprire. Se la curva epidemica continuerà a scendere, già il 4 maggio. Ma si dovrà evitare qualsiasi tipo di assembramento, per questo si dovranno scaglionare gli ingressi”.
I criteri? “Un cliente e due lavoratori per un locale di 40 metri quadri, se è più grande entrate e uscite separate, se è più piccolo massimo due persone all’interno. La scelta sulle categorie sarà fatta in accordo con i governatori e alcune Regioni potrebbero decidere di rinviare ancora proprio per evitare la creazione di nuovi focolai”. Inoltre, nelle prime due settimane della Fase 2 (dopo il 4 maggio, quindi) sarà possibile muoversi solo all’interno dei confini regionali. Questa, al momento, l’ipotesi più quotata all’interno del governo. Dal divieto sarebbe escluso il traffico merci. La fine del lockdown non esclude la presenza di alcune zone rosse nelle aree in cui il virus continua ad essere pericoloso.
E altre potrebbero aggiungersene in futuro, se emergeranno nuovi focolai. Un’altra ipotesi valutata dal governo è stata quella di definire tre macroaree (Nord, Centro e Sud) perché ci sono zone (come la pianura padana) in cui gli spostamenti interregionali sono molto intensi. Ma prevale l’ipotesi del no agli spostamenti tra regioni. Spiega oggi Tommaso Ciriaco: “Nelle scorse settimane, infatti, Palazzo Chigi aveva valutato una riapertura a macchia di leopardo, seguendo le curve del contagio. Questa opzione, però, è sconsigliata da ragioni di tenuta sociale ed economica. Il governo, infatti, vuole permettere la ripartenza contestuale nel Paese, in modo da non accentuare squilibri nelle attività produttive e non creare forme di ‘concorrenza sleale’ tra le filiere delle diverse Regioni”.
Ma la soluzione di un divieto interregionale andrebbe soprattutto incontro alla domanda allarmata dei governatori del Centrosud, dove il coronavirus per adesso circola meno: come evitare che la riapertura faccia riversare migliaia di cittadini da Nord verso il Mezzogiorno, con il rischio di generare nuove emergenze nelle Regioni finora meno colpite? “Proprio con la chiusura dei confini regionali”, spiega Repubblica. “Due settimane di blocco interregionale potranno fornire una prima fotografia della ‘reazione’ del Paese alla ripartenza, anche dal punto di vista epidemiologico. Fra i punti prioritari, secondo la task-force, quella delle regole omogenee: le norme sulla riapertura di aziende ed esercizi commerciali dovranno essere ‘chiare’ e ‘uguali in tutt’Italia’”.
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