In questi pochi giorni dalla fine del lockdown, sono i giovani la categoria che sta manifestando un comprensibile entusiasmo per la ritrovata libertà di movimento, ma spesso dimenticandosi che l’emergenza sanitaria è tutt’altro che terminata. “I giovani non hanno capito la gravità della situazione, e le piazze piene all’ora dell’aperitivo sono una manifestazione di irresponsabile euforia. Così stiamo dando al virus l’opportunità di trasmettersi”. Lo sostiene in un’intervista a la Repubblica il microbiologo Andrea Crisanti, capo del laboratorio di virologia dell’ospedale di Padova, che aggiunge: “La colpa non è tanto dei ragazzi, quanto delle istituzioni che hanno inviato loro messaggi ambigui e incoerenti”.
“Se il governo ritiene che le mascherine servano – aggiunge – le deve fornire a tutti. Se invece non ha scorte sufficienti, deve ammettere con chiarezza come stanno le cose. Anche sulle mascherine i messaggi sono stati ambigui: all’inizio hanno detto che servivano quelle certificate, poi andavano bene non certificate, ora invece dicono che si possono usare quelle fatte in casa. In questo modo induci i giovani a sottovalutare, a ritenere che qualcuno li stia prendendo in giro. Lo stesso si può dire con le distanze sociali: sulla spiaggia tre metri, nei ristoranti uno… dov’è l’elemento razionale?”E anche sull’app di tracciamento, per Crisanti, incoerenza: “Prima era obbligatoria, poi è diventata facoltativa. Ora dicono che funzionerà se la usa il 60 per cento degli italiani. Considerando che i positivi sono almeno quattro volte di più di quelli diagnosticati – conclude -, la app potrebbe rivelarsi poco efficace”.
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