S’è arresa anche lei alla fine allo scorrere del tempo, lei che sembrava eterna come certi personaggi dei romanzi. Angela Merkel ha annunciato di voler rinunciare alla presidenza della Cdu a dicembre e di essere pronta a ritirarsi dalla cancelleria al termine del suo quarto mandato, nel 2021. La fine di un’avventura politica lunghissima, quella che l’ha trasformata da timida ricercatrice in donna più famosa e discussa d’Europa. Odiata, tanto, per aver incarnato nell’immaginario collettivo l’idea di un’Unione gelida e intransigente, dominata dai burocrati e più attenta ai conti che alle esigenze dei cittadini. Invidiata dai leader di tutti gli altri paesi. Votata sempre e comunque, al netto di qualche passo falso e delle recenti disavventure elettorali. E talmente celebre da aver dato vita addirittura a leggende metropolitane sul suo conto: una, nata in patria, la identificherebbe addirittura nella bambina tenuta in braccio da Hitler in una foto d’epoca (tutto falso, sia chiaro).
Preparata, intelligente, carismatica. Un esempio tutto al femminile, per gli amanti di Angela. Sotto la sua guida solida, la Germania si è consolidata nel ruolo di prima potenza continentale. A scapito degli altri paesi dell’Unione accusano i detrattori, secondo i quali è nell’austerità crudele e nell’aggressività sul fronte delle esportazioni che vanno ricercati gli ingredienti del suo successo. L’hanno accusata, in patria, di aver ridato fiato all’estrema destra con lo scarso impegno nella lotta al precariato e sul fronte della giustizia sociale. Lei è andata avanti per la sua strada fino a oggi, quando ha capito che era il momento di levare le tende, senza scenate. L’unica concessione al suo rigorose codice formale, stando ai ben informati, è per il calcio: tifosissima, ascolta di nascosto le partite alla radio anche durante importanti riunioni. Tifando l’Energie Cottbus, squadra che milita tristemente in terza divisione tedesca. Modesta fino in fondo, Angela.