Secondo lo studio della Cgia di Mestre, ecco i Comuni più ricchi e quelli più poveri d’Italia per il fisco. Parliamo, dunque, di chi paga regolarmente le tasse, presumendo che lo faccia in maniera trasparente. I dati non includono i redditi dei soggetti a imposta sostitutiva o esenti da tassazione diretta e da eventuali integrazioni. Il Comune più ricco d’Italia, o almeno quello i cui cittadini pagano le tasse in modo trasparente, non è più al Nord, ma al Centro. E il più povero? Non è al Sud, ma al Nord. Qualche dubbio viene, scorrendo la lista, ma quello che attira la Cgia è che se prima il più ricco e il più povero erano lontani più di mille chilometri, oggi la distanza è dimezzata.
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I Comuni d’Italia più ricchi e quelli più poveri secondo le lenti del fisco
Ecco i Comuni più ricchi e quelli più poveri d’Italia secondo il fisco. Il comune più ricco è Lajatico, in provincia di Pisa, e si trova nel Centro Italia. Il Comune più povero, invece, è Cavargna, in provincia di Como, quasi al confine con la Svizzera. La Cassa degli artigiani sottolinea che il discrimine è dovuto a indici che valutano la capacità contributiva dei residente. Dunque, “i 985 contribuenti residenti a Lajatico nel 2021 hanno dichiarato un reddito complessivo Irpef medio pari a 54.708 euro”. Mentre, “i 94 presenti nel borgo di Cavargna, invece, solo 6.314 euro”. L’Ufficio studi della Cgia ha analizzato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze riferiti alle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef del 2021.
Diverse le differenze tra i territori, ma la Cassa sottolinea il diffuso impoverimento di molti Comuni del Nord. Si legge nella nota introduttiva dello studio: “Tra i 50 comuni più “poveri del Paese, ben 11 sono del settentrione. Nella stragrande maggioranza dei casi stiamo parlando di piccolissime realtà di montagna che hanno vissuto negli ultimi 30-40 anni lo spopolamento e un progressivo invecchiamento della popolazione rimasta”. Come è intuibile, Milano conferma il suo primato di Comune capoluogo di provincia più ricco d’Italia con 37.189 euro di contribuzioni. “Il doppio dei 18.706 euro dichiarati a Ragusa”, per esempio.
Non scevra da un certo ideologismo la conclusione cui arriva lo studio: “Visti i limiti del centralismo che hanno sicuramente contribuito a ‘dividere’ il Paese, non è da escludere che con una decisa accelerazione verso l’autonomia differenziata, in tempi ragionevolmente brevi si potranno accorciare le distanze economiche-sociali tra il Nord e il Sud, ma anche tra i territori ricchi e quelli poveri presenti in una stessa regione”. Una tesi facilmente confutabile secondo i principali studi di settore.
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