Una serata diversa prendendo magari qualcosa che “sballa”, per evadere dalla realtà di tutti i giorni. E’ così che si entra nel tunnel della droga. Si comincia con qualcosa di leggero ma poi il tuo corpo vuole sempre di più fino ad arrivare ad iniettarsi una dose di eroina in vena. Ma poi quando una di queste serate da sballo finisce in tragedia, ecco che si viene catapultati di nuovo alla realtà e a quelli che restano non rimane altro che convivere con i sensi di colpa delle proprie azioni. Deve essersi sentita così l’amica di Francesca Manfredi, presente nella notte drammatica notte in cui la ragazza è morta. La ragazza, anch’essa di nome Francesca, ha provato timidamente fare qualcosa per lei, ma non ha saputo imporsi abbastanza per salvare l’amica. Francesca Manfredi, che aveva 24 anni, è morta nella notte fra il 22 e il 23 agosto del 2020 dopo il primo buco della sua esistenza: una dose di eroina iniettata per la prima volta in vena dal suo amico Michael, ora arrestato per omicidio preterintenzionale.
Nella sua testimonianza Francesca ha raccontato agli inquirenti che già a partire dalla sera di giovedì 20 agosto era cominciato il fine settimana da sostanze stupefacenti: xanas, chetamina, ansiolitici, alcol, canne, cocaina…Ma l’eroina no, quella è il peggio del peggio, è la fine. E Francesca dice a verbale che lei, no, non ne ha né sniffata tantomeno se n’è iniettata in vena. Quando gli altri due la consumavano lei se n’è andata al piano di sopra. Era il suo modo di prendere le distanze e di farlo sapere all’altra Francesca che però non ha seguito l’esempio e l’ha presa. Prima inalata e poi mandata in circolo nel sangue con l’iniezione (la prima di quella sostanza) che Michael le ha fatto, anche se poi ha negato tutto.
Di notte Francesca (quella che non ha preso l’eroina) si sveglia, dice agli inquirenti che “sentivo un rantolo provenire dal piano terra. Ho trovato Francesca sdraiata sul divano, in posizione fetale. Le ho tastato il collo per sentire il battito cardiaco, era calda e il cuore batteva. L’ho scossa e chiamata per provare a svegliarla ma non si svegliava e allora io e Michael l’abbiamo posizionata meglio con un cuscino sotto la testa. Ho chiesto a lui se fosse il caso di chiamare un’ambulanza e mi ha detto di no perché lui si era fatto 0,5 e a Francesca aveva iniettato molto meno”.
Forse però se Francesca avesse insistito ancora un po’, se avessero chiamato quell’ambulanza forse oggi l’amica sarebbe ancora viva. E invece la ragazza ha seguito il pensiero dell’amico: “Ho creduto che stesse così per i postumi dell’eroina e sono andata a letto. Al mattino dopo, verso le 9 sono stata svegliata da Michael. Francesca non aveva battito e non respirava, abbiamo provato a svegliarla dandole alcuni schiaffi in faccia ma non si rianimava e allora l’abbiamo portata nella vasca da bagno e bagnata sulla testa e suo corpo con il doccino”. Ma come oggi sappiamo, a quel punto per Francesca Manfredi era ormai troppo tardi.
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