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Fundraiser, cos’è e cosa fanno i professionisti del non profit

La definizione esatta di Fundraiser è la seguente: chi opera all’interno di organizzazioni umanitarie, impegnandosi nella raccolta di fondi ed iscrizioni. Ma spesso le definizioni sono limitate: essere o diventare un fundraiser vuole dire molto di più. In primo luogo si tratta di una categoria di professionisti che sta riscuotendo molto successo ed è sempre più richiesta, sia in Italia che all’estero.

Per questo molti atenei propongono corsi specifici, volti ad offrire quella formazione necessaria che crea figure sempre più preparate nel settore, capaci di andare incontro all’attività lavorativa in maniera competente e motivata.

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Un settore in crescita

Il fundraising è poi in grado di ottenere ricavi significativi, generando negli ultimi anni circa il 4,3% % del Pil. In Italia il settore è in crescita: si registrano oltre 500 mila addetti applicati nelle 300mila associazioni esistenti.

I campi di competenza variano dalle istituzioni che operano per la tutela dell’ambiente, a quelle che si occupano dell’ambito sanitario, umanitario fino a quelle organizzazioni a sfondo culturale. La maggior parte hanno infatti la dicitura non profit, proprio a sottolineare che i guadagni non sono a scopo di lucro, ma servono per essere reinvestiti nell’associazione e garantire la tutela e il mantenimento della causa.

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Il fundraising e la filantropia

Spesso il concetto di fundraising viene accostato a quello di Filantropia: è giusto equiparare le due cose, ma non è detto che siano sempre complementari.

Nel Fundraiser la volontà di aiutare e insita nel concetto di arricchimento. I grandi filantropi sono di solito grandi imprenditori, i quali desiderano restituire alla società una parte della loro fortuna in denaro. In Italia questo concetto sta lentamente prendendo piede, grazie al successo e allo sviluppo di Onlus e associazioni benefiche. 

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Come si diventa fundraiser

I corsi di formazione in fundraising come il Master dell’Università di Bologna e Forlì in Master in Fundraising sono sempre più seguiti. “I giovani che si iscrivono sono persone motivate. Spesso lavorano già, e vogliono passare al no profit. La percentuale di placement è molto alta: abbiamo un career service che aiuta i diplomati a preparare un colloquio, attiva contatti, aiuta a trovare uno stage. Riceviamo tre offerte di lavoro alla settimana”, afferma Valerio Meandri, Direttore del Master bolognese e fondatore del Festival del Fundraising: a breve l’edizione 2018, dal 16 al 18 maggio. L’evento costituirà un momento formativo, dove lo scambio di esperienze da parte di relatori nazionali ed internazionali strano utili per acquisire nuove conoscenze da sfruttare in ambito professionale.

Come realizzare un crowdfundingLe opinioni degli esperti di settore

Prima di una presa di coscienza del business generato dal settore e delle opportunità offerte, la raccolta fondi, in particolare per le istituzioni e associazioni senza scopo di lucro, era destinata al solo personale volontario. Mancava dunque una base preparata, efficiente e professionale. Il Fundraising ha enormi potenzialità, infatti secondo Lara Visini, amministratrice delegata di IDMC/Innovairr, quando si parte con il fundraising: “si fa anche comunicazione. Non ha senso raccontare il proprio lavoro e obiettivi come organizzazione, senza dire a chi ascolta cosa può fare, in concreto, con una donazione”. Lo scopo risulta dunque fondamentale, quindi è necessario prendere precauzione e utilizzare una campagna che utilizzi i migliori mezzi di comunicazione diretta, sfruttando l’innovazione digitale: dai social, alla tv, passando per YouTube e modalità di promozione attraverso i siti: tutto deve concorrere alla strategia migliore per portare a termine il progetto del fundraiser. C’è infatti chi è specializzato con le fondazioni e preferisce tenere un rapporto preferenziale con le aziende, oppure coloro che si dedicano alle comunità locali e puntano sul crowdfunding. Oggi non possiamo più contare solo sullo Stato come finanziatore esclusivo, ma bisogna aprire le porte a soluzioni non ancora del tutto sfruttate.

Quali sono le qualità richieste per la professione? Risponde Visini: “Predisposizione al sociale, sensibilità, apertura al lato umano. Anche un’esperienza nel volontariato, per conoscere un’organizzazione e sapersi rapportare, entrando in sintonia con le persone”.

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