Fa ancora discutere l’ultima puntata di Non è l’Arena andata in onda in diretta dalla piazza Rossa di Mosca. Il conduttore Massimo Giletti non si è proprio fatto mancare niente. Dal battibecco con la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, alla sfuriata di Alessandro Sallusti che ha abbandonato lo studio inveendo contro il Cremlino, per arrivare al malore che lo ha colto in diretta. Uno spettacolo che scatena la reazione del giornalista di Repubblica Sebastiano Messina.
“La performance del giornalista domenica sera in diretta da Mosca, sbeffeggiato dalla portavoce di Lavrov Maria Zakharova, era facile profetizzare che sarebbe stata una pagliacciata acchiappa audience. – si legge su Repubblica – Ma che la trasferta russa di Non è l’Arena si trasformasse in una débâcle giornalistica di dimensioni planetarie, onestamente non l’aveva previsto nessuno”.
“E ora è impossibile non provare tenerezza per il povero Giletti, – affonda ancora il colpo Messina – baldanzosamente partito per Mosca con l’aria di uno che non ha paura di andare nella tana del lupo, con la francescana speranza che le parole dolci di un seduttore televisivo avrebbero convinto la furbissima portavoce di Lavrov a rivelargli la segreta via per la pace. E poi infilzato come un pupazzo dalla feroce bionda del Cremlino. Perché purtroppo quello che doveva essere il pezzo forte della puntatona moscovita, l’intervista di quasi un’ora a Maria Zakharova, è diventato con impressionante progressione una scena sadomaso in cui l’intervistata si divertiva a schiaffeggiare l’intervistatore cortese venuto da lontano”.
“Il malcapitato è andato avanti per quasi un’ora, come se quella stesse perculando un altro, senza purtroppo riuscire a strapparle non diciamo una notizia ma una sola parola sui massacri di Bucha e di Mariupol. – prosegue il pezzo – Per fortuna sono arrivati i due interventi dallo studio italiano. Quello di Myrta Merlino. E quello, da applausi, di Alessandro Sallusti. Due mazzate alla trasmissione che hanno fatto passare in secondo piano persino lo svenimento in diretta del conduttore in trasferta. Dopo tre ore abbondanti, la sigla finale lasciava in piedi solo una domanda: si poteva fare peggio? No, non si poteva”, conclude il giornalista di Repubblica.
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