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Gino Paoli: “Grillo uscito massacrato, Tenco cotto come una zucca”

Alla veneranda età di 87 anni, Gino Paoli dimostra ancora una invidiabile vitalità. Il cantautore genovese si fa intervistare dal Corriere della Sera nella sua casa sulle alture di Quinto, ai margini dei Genova. Paoli parla delle conseguenze “pesanti” del Covid che lo ha contagiato alcuni mesi fa. Ma non si lascia certo andare, forte della vicinanza della moglie con cui condivide la vita da 50 anni. Ricordando gli anni ruggenti vissuti tra alcol e droga, Gino Paoli racconta anche un paio di interessanti retroscena su Beppe Grillo e Luigi Tenco.

Gino Paoli e la moglie

“Il virus mi ha lasciato delle conseguenze pesanti, sono sempre affaticato. Ma cerco di reagire con ironia”, replica Gino Paoli alla prima domanda del giornalista. Poi risponde laconicamente alla domanda sul perché non partecipi al Festival di Sanremo da 20 anni: “Da allora nessun amico mi ha più chiamato”. Di Sanremo ricorda con tristezza la morte di Luigi Tenco nell’edizione del 1967. “Oltre alle cose che sono solo di Luigi, mi limito a dire che era cotto come una zucca, aveva preso psicofarmaci pesanti. – rivela il cantautore – Si capì subito, quando cantò, che non era lui. E, se sei fuori, può succedere di tutto. Ma se ci fossi stato io con lui gli avrei dato due pedate nel culo e non avrebbe fatto niente. Questione di attimi”.

Anche lui però tentò il suicidio. “Nella mia testa mi ero rotto i coglioni, non mi stavo divertendo più. Siccome poi mi sono divertito molto, meno male che è andata male”, ammette Gino Paoli. Ancora oggi la pallottola che si è sparato è “sempre lì, nel pericardio posteriore. Mi rompeva le scatole all’inizio perché suonava sempre al metal detector. Adesso non succede più, si deve essere arrugginita”, ironizza.

Sul passato uso di sostanze nel passato, dichiara che “posso fare qualsiasi cosa, se mi lascia il senso critico. Con l’alcol a un certo punto mi sono ritrovato che non ricordavo più cosa avevo fatto il giorno prima. La droga è stupida. E basta”. Sulla sua esperienza da deputato indipendente del Pci ricorda che “il partito mi inguaiò: mi chiese una mano poi invece della commissione cultura, mi mandarono in quella dei trasporti. Non credo di aver servito la gente, ma ho capito cose che non sapevo”. Per questo aveva consigliato al suo amico Beppe Grillo di non entrare in politica. “Ha creduto di cambiare le cose, ma ne è uscito massacrato, una fregatura enorme”, chiosa Gino Paoli.

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