di Filippo Rossi
“Atlantista con il freno”. Giorgia Meloni è stata esclusa dal vertice di Parigi tra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky. Non invitata, perché la Meloni viene vista come atlantista solo a parole a causa dei tentennamenti della sua maggioranza sull’Ucraina.
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La Meloni e i suoi possono metterla come vogliono, ma che la premier – e con lei l’Italia – abbia subito uno sgarbo istituzionale è indubbio. Non a caso, a quattro mesi dal suo insediamento, la presidente del Consiglio non ha ancora programmato il viaggio istituzionale all’Eliseo che sempre è stato tra i primi passaggi diplomatici del mandato dei suoi predecessori. Ed è tanto vero che la reazione di una Meloni all’angolo si è fatta sentire, scomposta come al solito, con un vero e proprio scontro diplomatico, non il primo tra Italia e Francia da quando è nato il governo di centrodestra. Per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni l’invito del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Parigi è stato «inopportuno». La premier italiana ha parlato prima di partecipare ai lavori del Consiglio europeo a Bruxelles. «La nostra forza è la compattezza», ha detto Meloni, criticando il presidente francese Emmanuel Macron per l’invito che, a suo dire, minerebbe l’unità europea. Ci sono momenti nei quali le questioni di politica interna «rischiano di andare a discapito della causa comune» europea, ha detto Meloni.
Insomma, dalla foto in treno di Mario Draghi, proprio con Macron e Scholz, diretti a Kiev lo scorso 16 giugno, all’esclusione della Meloni dai tavoli sull’Ucraina – pochi giorni fa non è stata ammessa neanche alla call della Casa Bianca e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non è stato neanche messo al corrente del viaggio a Washington del vice cancelliere tedesco Robert Habeck e del ministro dell’economia francese Bruno Le Maire per un chiarimento sulla politica americana di contenimento dell’inflazione – il passo per l’arretramento del nostro Paese sullo scenario internazionale è stato breve. Brevissimo.
Meloni ha annunciato che, da sola, a margine del consiglio europeo a Bruxelles a cui oggi parteciperà Zelensky, incontrerà il presidente ucraino. Il quale, però, nei suoi viaggi in Europa per chiedere aerei di combattimento non ha mai fatto tappa a Roma perché di fatto non considera più, a buon diritto, l’Italia un alleato affidabile. Ed è anche normale, se si pensa che in Italia gli è stato di fatto anche vietato di parlare al Festival di Sanremo, con polemiche aspre sollevate soprattutto dal vice premier leghista Matteo Salvini. Alla fine Zelensky ha optato per una lettera da recapitare al Festival, ma il gelo è totale. “Non mi dispiace la sua assenza” ha detto a tal proposito Matteo Salvini. Ed è stato inutili tentativo di fare da pompiere di Maurizio Lupi, che ha avvertito sul rischio isolamento per il Belpaese. “Credo che bisognerebbe avere più coraggio, Zelensky o lo inviti o non lo inviti – ha detto Lupi sulla vicenda Sanremo -. I tentennamenti non aiutano l’Italia sullo scenario internazionale”.
Zelensky stesso, dunque, come interlocutori per il sostegno alla resistenza all’invasione russa preferisce confrontarsi con chi sa essere alleato più solido e convinto: Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania. L’Italia, infatti, non ha ancora varato il decreto sull’invio di ulteriori armi italiane a Kyev: l’opposizione interna alla maggioranza, Salvini in primis, pesa e sta di fatto spingendo l’Italia verso un isolamento neanche tanto dorato all’interno dell’Europa. E non si può non dare ragione a Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe, che twitta: “Strano che, dati il ministro Maldestro, lo statista Donzelli, il cecchino Fazzolari, l’atlantismo dei ‘ma… però…’, la retromarcia su Zelensky a Sanremo, Meloni sia puntualmente esclusa dai vertici importanti. Zelensky da Sunak e poi con Macron e Scholz. E Meloni? Tonfo sovranista!“.
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