I problemi di Matteo Salvini suscitano il morboso interesse di giornali e tv ormai da diversi giorni. Il leader della Lega è stato prima colpito dalla faida interna al partito. Con l’ala governista e moderata guidata da Giancarlo Giorgetti e dai governatori del nord che, di fatto, gli ha imposto la linea dura draghiana sul green pass. Poi le voci di una possibile scissione del Carroccio. Infine, la bomba dell’inchiesta per droga su Luca Morisi, l’inventore della Bestia social, costretto per questo ad abbandonare la Lega. Sulle vicende salviniane si getta come un rapace anche il giornalista del Foglio Giuliano Ferrara che non fa sconti a Salvini.
“Salvini si è illuso di poter conciliare trucismo e draghismo, senza un riesame della propria immagine e della propria politica. È questo, in fin dei conti, che fa la differenza tra un buon politico e uno cattivo”. Così sentenzia Giuliano Ferrara in un editoriale pubblicato dal Foglio mercoledì 29 settembre. Secondo il giornalista, il fatto che il leader del Carroccio abbia ribadito di non volersi pentire della citofonata al presunto spacciatore di Bologna, rappresenta il “tipico atteggiamento di chi affronta con incoscienza una decadenza strategica, peggio di qualsiasi parabola declinante”.
“Salvini non si pente di aver aizzato la Bestia contro i suoi avversari”, affonda ancora il colpo Giuliano Ferrara. “Non si pente dei rapporti spuri con Putin o delle scemenze dette sull’ordine in Corea del nord. – il giornalista fa un lungo elenco delle presunte colpe di Salvini – Non si pente dei rosari portachiave fornitigli dal senatore Pillon. Non si pente delle felpe law and order che hanno fatto ridere mezza Italia. Non si pente delle conseguenze dell’odio che, come insegna la sparatoria sui negher a Macerata, possono essere persino peggiori delle conseguenze dell’amore”.
“Non si pente del Papeete, il gesto politico di un perfetto ubriaco da spiaggia. – prosegue nel suo j’accuse Giuliano Ferrara – Non si pente della citofonata alla caccia dello spacciatore di quartiere, che gli è costata una delle sue più brucianti sconfitte a Bologna. Non si pente del suo cerchio magico, fatto di personalità pochissimo raccomandabili. Non si pente del bastaeuro. Non si pente del novaxismo allucinato dei suoi”. Tutti segnali, conclude il giornalista, della “decadenza di un bullo”.
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