Milioni di utenti “ingannati” da Google. Questo è il quadro che emerge dalle recenti vicende che vedono il colosso della Big Tech californiano al centro di un clamoroso scandalo. Dal 2016, chi navigava in modalità incognito su Google credeva di essere al sicuro, ma in realtà i loro dati personali venivano monitorati e utilizzati a fini pubblicitari. La scoperta ha fatto infuriare gli utenti, portando nel 2020 all’avvio di una massiccia class action.
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Le rivelazioni sulla profilazione degli utenti durante la navigazione privata hanno sollevato enormi preoccupazioni sulla privacy. La class action ha puntato il dito contro Google, accusandola di aver ingannato gli utenti sulle attività di Chrome. La vicenda ha avuto una svolta importante con la decisione di Google di cancellare miliardi di dati relativi alla cronologia di navigazione di oltre 136 milioni di utenti negli Stati Uniti, un esito che potrebbe chiudere una causa da 5 miliardi di dollari presso la Corte di San Francisco, come riportato dal The Wall Street Journal.
Il patteggiamento
L’accordo di patteggiamento prevede non solo la cancellazione dei dati impropriamente raccolti, ma anche l’aggiornamento delle informazioni su come i dati vengono gestiti durante la navigazione in modalità privata. Inoltre, agli utenti sarà data la possibilità di disattivare i cookie di terze parti per i prossimi cinque anni. Sebbene non siano previsti risarcimenti individuali, gli utenti potranno comunque presentare cause separate contro Google se ritengono di aver subito danni. Attualmente, sono già state avviate cinquanta cause di questo tipo.
Tra le prove a carico di Google ci sono alcune email compromettenti. La chief marketing officer, Lorraine Twohill, aveva avvertito il CEO Sundar Pichai già nel 2019 che la modalità incognito non doveva essere considerata “privata” per evitare fraintendimenti. “Google si è creato un tesoro inspiegabile di informazioni così dettagliate che George Orwell non avrebbe mai potuto immaginarlo,” si legge nelle carte della causa.
La guerra dei Big Data
Il prossimo 30 luglio, la giudice Yvonne Gonzalez Rogers del tribunale federale di Oakland in California, deciderà se approvare l’accordo. “Questo accordo è un passo storico per richiedere alle aziende tecnologiche di essere oneste nelle loro dichiarazioni su come raccolgono e utilizzano i dati degli utenti,” ha dichiarato David Boies, il legale che rappresenta gli utenti nella causa contro Google, come riportato da la Repubblica.
Non dimentichiamo che la guerra dei Big Data coinvolge non solo Google, ma anche altri giganti della Silicon Valley. Questi colossi detengono una quantità impressionante di dati sensibili, e la battaglia commerciale sui Big Data è in corso tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti da un lato, e la Cina dall’altro. Con l’entrata in vigore del Digital Markets Act nell’Unione Europea, Google è ora tenuta a rispettare nuove regole per promuovere e riequilibrare la concorrenza online, assumendo il ruolo di “gatekeeper” per evitare multe significative.