Un Paese sempre più connesso, dove nel corso degli ultimi mesi del 2018 oltre 33 milioni di persone hanno trascorso almeno 3 ore al giorno in rete, con la navigazione attraverso cellulare che ha ormai definitivamente superato quella da pc. A breve, passeremo più tempo davanti allo schermo del telefonino che alla televisione, evidenzia Audiweb. Con il consumo di contenuti video attraverso Youtube, Netflix e i servizi Ott in generale che avviene sempre più spesso da mobile. Il tutto a fronte, però, di un mercato pubblicitario che rifiuta di adeguarsi, soffocato da due soli attori: Google e Facebook.
Sono il re dei motori di ricerca e il social network di Zuckerberg a mangiare quasi tutta la torta, al punto da spingere Iab, associazione dedicata all’advertising interattivo, a lanciare l’allarme: “
Serve un intervento delle istituzioni e del governo per disciplinare il rapporto con i grandi della rete, c’è il rischio che le aziende italiane del settore spariscano”. Una profezia nefasta ma non del tutto infondata, se si tengono d’occhio gli ultimi numeri che arrivano dal mondo della pubblicità.Nel corso del 2018, il digital advertising ha infatti raggiunto investimenti che hanno sfiorato i 3 miliardi di euro, in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente. Un valore secondo soltanto alla raccolta pubblicitaria della televisione. Web e tv insieme arrivano a spartirsi il 77% del totale, ma l’
Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano sottolinea la natura distorta di un mercato “iper-concentrato, all’interno del quale gli Over The Top hanno un dominio schiacciante, il 75% dell’investimento pubblicitario attuale, il 90% dell’incrementale”. Google e Facebook dominano anche il settore video (9.5 miliardi la media di visualizzazioni mensili su YouTube, oltre l’80% dei quali attraverso dispositivi mobile). Servizi che i due colossi forniscono gratuitamente in cambio del bene più prezioso di quest’epoca, i dati degli utenti: un aspetto particolarmente delicato, come evidenziato dopo l’ultimo “datagate” dalla richiesta di maggiore trasparenza avanzata tanto dai semplici cittadini quanto dagli inserzionisti.
Un malcostume evidente che non è sol italiano: in queste ore L’autorità garante della Concorrenza australiana (Accc) ha raccomandato la creazione di un ente regolatore per controllare la posizione dominante di Facebook e Google nel mercato pubblicitario e informativo online. La paura è che “la flessione dei ricavi pubblicitari aggravi la riduzione del numero di giornalisti già registrata negli ultimi dieci anni, con forti implicazioni su tutta la società”.
Nelle intenzioni, il nuovo organismo dovrebbe supervisionare le attività delle due aziende e chiedere informazioni sugli algoritmi che decidono in quale ordine gli utenti vedono i contenuti. Un correttivo che molte aziende italiane sperano di vedere spesso anche dalle nostre parti.
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