Argomento spinoso quello degli abusi su Internet. Ne abbiamo sentito parlare molto negli ultimi giorni in Italia, con il fatto di cronaca che vede protagonista Tiziana Cantone, ragazza 31enne morta suicida per non aver retto il peso di essere schernita dal gigante popolo della rete. Una morte, quindi, dove il web sembra essere l’unico imputato.
Non è un fatto isolato quello della ragazza napoletana e, purtroppo, se non vi sarà presto un’evoluzione positiva sul modo di utilizzare certi mezzi digitali e non solo, anche sul modo di contrastare e risolvere certe azioni più o meno consapevoli degli utenti troll si correrà il rischio di sentire sempre più spesso notizie di questo genere.
Che ruolo può avere quindi la tecnologia per proteggere e rendere libere le persone dalle molestie digitali? Se lo è chiesto il colosso di Mountain View, Google. L’ambizioso quanto indispensabile progetto si chiama Jigsaw, il fondatore e presidente è Jared Cohen, nonché Consigliere del Presidente Esecutivo di Alphabet Inc.
Jigsaw ha preso forma a febbraio, e non è altro che il risultato della trasformazione di Google Ideas, ex in-house think tank, in un vero incubatore tecnologico targato Google. Nato per capire in che modo la tecnologia può aiutare il popolo di Internet, dove di corruzione e violenza sono all’ordine del giorno. Rendere la popolazione mondiale online libera dagli attacchi digitali, far diventare Internet un luogo libero dall’odio, dalla corruzione e dall’estremismo violento che sempre più sembra proliferarsi online, aiutare a combattere la censura che questo tipo attacchi può generare: questa la vision di Jigsaw.
Uno dei vari progetti al quale Jigsaw sta lavorando si chiama Conversation AI, strumento basato su un algoritmo studiato appositamente per intercettare e bloccare i commenti e conversazioni ritenuti offensivi. Il software, sfruttando la tecnologia dell’intelligenza artificiale, cattura in automatico il contenuto offensivo assegnando un punteggio da 0 a 100 a seconda del grado di pesantezza dell’offesa.
Jigsaw sta attualmente collaborando col New York Times per testare il software Conversation AI e renderlo uno strumento efficace, che riconosca effettivamente una minaccia/offesa dai toni forti e sappia distinguerla ad esempio, da una battuta dai toni più o meno scherzosi. Wikipedia ha già mostrato il suo interesse per il prodotto e sarà insieme al Times la prima piattaforma che utilizzerà effettivamente questo intelligente software di rilevazione di molestie digitali.
Il rivoluzionario strumento sarà molto probabilmente open-source non appena ultimato, così che tutti possano usufruirne per moderare o bloccare i flussi dei commenti molesti sui propri siti/piattaforme. E non è poco, visto che uno studio di Pew Research – think tank statunitense – afferma che 4 utenti su 10 sono vittime di molestie online. Attacchi online che si fanno continui, offensivi e sistematici. Si parla di cyberharassment (cybermolestia), quando questo tipo di evento si registra tra adulti; di cyberbullyng (cyberbullismo) quando questo genere di abusi sono tra minori. Una voragine oscura che si apre nell’immenso Internet e si fa spazio tra i commenti delle community ed in generale in tutti quegli spazi dove ogni utente può dire la sua, senza il benché minimo controllo, almeno che non si tratti del proprio – autocontrollo.
Protagonisti e vittime di questo tipo di attacchi sono spesso grandi piattaforme giornalistiche.
Il Guardian, per esempio, ne parla in un articolo il cui titolo ne esplica bene il contenuto “The darkside of Guardian comment”. Evidentemente il famoso quotidiano britannico, che descrive l’abuso digitale come “un discorso umiliante e offensivo indirizzato all’autore dell’articolo o a un altro commento” è uno dei tanti giornali che deve far fronte quotidianamente a questo tipo di bullismo online.
Anche Dick Costolo, Ceo di Twitter, social network simbolo della libertà di espressione, si è espresso a questo proposito ed ha ammesso la sua incapacità di far fronte al problema del trolling e bullismo digitale che all’interno della community assume dimensioni enormi a suon di retweet.
Le vittime di tali abusi, per proteggersi, spesso sono costrette a ricorrere ad una sorta di autocensura: non partecipare più alle discussioni – al fine di non alimentarle, attuare una auto-eliminazione dalla community, o utilizzare la tecnica di “sparire” per un po’ dal mondo della rete, per mettere tutto a tacere. Anche se esistono già degli strumenti che tendono a mitigare, filtrare e bloccare certi tipi di contenuti online, la strada verso la soluzione è ancora lunga.
La nuova divisione di Google, composta da un vasto di team di ingegneri, ricercatori, scienziati, designer ed esperti di politica provenienti da tutto il mondo, è impegnata in vari progetti che mirano a proteggere le persone connesse ad Internet e renderle quindi “libere”.
Uno tra i tanti obiettivi di Jigsaw, per esempio, è risolvere ed intralciare problemi di geopolitica come terrorismo, traffico di esseri umani, organizzazioni criminali, riciclaggio di denaro. Digital Map Attack è uno di questi: una mappa che in tempo reale mostra le parti del mondo che generano e/o sono colpite da attacchi digitali di tipo DDoS.
Tutto questo, ovviamente, con l’utilizzo della migliore tecnologia.