La Lega annuncia il taglio agli 80 euro di Renzi. Il governo, dunque, inizia a mettere le mani nelle tasche degli italiani. Il bonus venne introdotto nel 2014 e divenne subito ben visibile in tutte le buste paga che ne avevano diritto: cioè quelle tra gli 8.145 euro e i 26 mila di stipendio annuale. Una fascia di lavoratori dipendenti medio bassa, che usciva con le ossa rotte dalla crisi e che aveva bisogno di potere d’acquisto. Il bonus Renzi fece allo scopo: 960 euro all’anno, spese in consumi e, come ha detto la Banca d’Italia, la misura aiutò la crescita del Pil in modo sostanziale.
Dal punto di vista tecnico si tratta di una erogazione monetaria, più simile agli assegni familiari erogati dall’Inps. Oggi la si vuole trasformare in una detrazione fiscale o contributiva. Ma la detrazione fiscale non sarà più uguale per tutti, alcuni ci perderanno altri ci guadagneranno: questo perché per beneficiare della detrazione bisogna avere un debito con il fisco, e questo debito è zero a quota 8.145 e poi si sale gradualmente fino a 13 mila euro senza arrivare mai pienamente a creare lo spazio per una detrazione di 960 euro l’anno.
Una sorta di “magia” per fregare gli aventi diritti e fargli sparire i soldi. Un capriccio per andare ancora contro l’incubo Renzi. Dunque cambiare il nome agli 80 euro non è un puro fatto contabile, ma interviene sulla distribuzione del reddito. Tanto più per chi è ormai abituato a riceverlo e scoprirà l’improvvisa riduzione del suo salario netto. La Lega insiste con Garavaglia a dire che le buste paga non cambieranno, ma al costo di ulteriori miliardi di spesa mentre Renzi interviene per dire che con questa rimozione degli 80 euro “a pagare saranno sempre i più poveri“.
Del resto anche limitando la misura alla decontribuzione, oggi 9,2 per cento dello stipendio, le fasce più basse tra gli 8.145 e i 10 mila non arriverebbero alla capienza di 960 euro pari al bonus attuale dunque perderebbero rispetto ad oggi a meno di inserire una piccola aggiunta, cioè un mini-bonus, senza contare che agire sulla contribuzione per fasce è molto più rischioso in quanto si potrebbe dire che il taglio dei contributi pensionistici dovrebbe investire tutta la platea di coloro che beneficeranno della pensione.
L’ultimo argomento che viene speso è che oggi la pressione fiscale, essendo come abbiamo visto gli 80 euro una spesa, non registra l’intervento e resta più alta del dovuto. Nella babele ognuno può dire la sua, ma con crescita zero e debito al 132 per cento del Pil forse è bene essere prudenti.
Il governo, dunque, fa proclami e poi a rimetterci saranno sempre i cittadini. E i numeri generali su economia, lavoro e crescita fanno tremare le vene.
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