Matteo Renzi ha consegnato la sua lista nera: Azzolina, Arcuri, Benassi (appena nominato ai Servizi), Bonafede, Catalfo e Casalino. Con loro dentro, lui non ci sta. E in queste ore tutta la trattativa si starebbe svolgendo proprio per raggiungere un compromesso su questi nomi. Anche perché è ormai chiaro che la parola “elezioni” non esiste sull’agenda del Capo dello Stato Mattarella. Non solo perché, a partire dal più ampio gruppo parlamentare, quello dei 5Stelle, sono pochi quelli che smaniano di gettare al vento due anni di lauti stipendi con all’orizzonte un futuro incerto per via del taglio dei parlamentari da 900 a 600. Le elezioni anticipate non potranno mai avvenire per via dei tempi: ai 45 giorni della campagna elettorale occorre aggiungere un altro mese e mezzo per fare il governo. A quel punto, va a farsi friggere il più esiziale documento economico che può salvare il paese dal default: il Recovery Plan.
Perché deve essere presentato definitivamente entro fine aprile e discusso a maggio e l’Unione Europea non aspetterebbe le nostre risse governative. Secondo, come fa notare Dagospia, “non è mai successo che il Capo dello Stato non possa toccare il telefono e chiamare Draghi per una amabile conversazione sullo stato dell’arte. Non c’è nulla di anti istituzionale. E la smentita del Colle è una smentita che serve solo a confermare il colloquio. Mario Draghi, rispetto a qualche mese fa, non può più sottrarsi ad accettare la corona di premier o di super ministro dell’economia. La posizione dell’ex governatore di Bankitalia e presidente della Bce è cambiata perché Mattarella ha verificato che non ci sono più i tempi per un eventuale governo istituzionale con la giurista Marta Cartabia premier e Draghi super ministro”.
Dal 1° dicembre 2020, l’Italia detiene la Presidenza del G20, il foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo che culminerà nel Vertice dei Leader G20, che si terrà a Roma il 30 e 31 ottobre. A presiedere il G20 sarà quindi il presidente del Consiglio non il ministro del Tesoro: ecco perché, secondo il Quirinale, è fondamentale che alla presidenza ci sia un premier di altissimo profilo internazionale. “Martedì prossimo, quando Roberto Fico andrà a riferire a Mattarella l’esito del suo giro esplorativo – che al 70% sarà fallimentare – dirà: l’accordo tra i partiti dell’alleanza c’è, ma Conte non è disponibile ad accettare i veti di Renzi”.
A quel punto si aprirebbero le porte all’ipotesi del governo istituzionale o tecnico o del Presidente con Mario Draghi premier di una maggioranza solida perché entrerebbe Forza Italia che ha sempre sbarrato il passo a un Conte Ter. Piccola postilla: Draghi fu nominato governatore di Bankitalia il 29 dicembre 2005 proprio da Berlusconi, all’epoca a capo di un governo di centrodestra, Lega compresa. Questo govenro potrebbe inoltre portare alla scissione dibattistiana dei 5Stelle, cosa che farebbe felice Di Maio.
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