C’è un aneddoto piuttosto divertente, a volerlo leggere con un po’ di sarcasmo, che riguarda la recente fuga del senatore Ugo Grassi, che ha abbandonato l’ovile pentastellato per correre tra le braccia dei sovranisti salviniani. Sì perché proprio Grassi in tempi non troppo remoti, parliamo del febbraio 2018, si lanciava in un lungo post sul blog delle Stelle per difendere la proposta del Movimento di introdurre una multa di 100 mila euro per quei parlamentari che, tentati da promesse allettanti, avessero deciso di cambiare casacca e partito. Esattamente quanto fatto da lui stesso qualche mese dopo.
Non un caso isolato, quello di Grassi, seguito nella fuga in casa Lega dai colleghi Francesco Urraro e Stefano Lucidi. Salvini li ha accolti a braccia aperte, sistemando ulteriori tasselli per dar vita al mosaico della caduta del governo, l’obiettivo a breve termine di un Carroccio in difficoltà sul fronte giudiziario e alla ricerca di immediati scossoni, anche per evitare che Giorgia Meloni continui pericolosamente a risucchiare voti. Di Maio, ovviamente, ha invece tuonato contro i traditori e contro gli ex alleati di governo, che insistono nel portargli via i pezzi.
“Ci dicano quanto costa al chilo un senatore. In confronto a Salvini, Berlusconi era un pivello” è stato l’attacco di Di Maio. Mostrando tutta la sua rabbia per una situazione che, sotto sotto, è stato lui stesso a crearsi, vista la fiducia incondizionata con la quale aveva investito proprio Grassi e Urraro. Al primo aveva addirittura chiesto, a suo tempo, di scrivere l’atto di accusa contro il presidente della Repubblica Mattarella, quando ancora i Cinque Stelle parlavano di impeachment e non di crisi.
Il momento, per il Movimento, è di quelli terribili. La paura è che l’esempio dei tre esuli possa a breve essere imitato da altri, indebolendo ulteriormente un governo che a quel punto potrebbe davvero cadere da un momento all’altro. Con un sospetto, inquietante, di fondo: quello che Renzi abbia teso le mani a Salvini, proponendogli un accordo sulla legge elettorale in cambio della spallata definitiva all’esecutivo giallorosso. Fantapolitica, o forse no.
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