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Greenpeace sotto attacco: multinazionale del legno chiede 200 milioni di danni

Accusata di diffamazione ed equiparata a un’associazione di stampo mafioso, Greenpeace denuncia gli attacchi della società canadese, Resolute Forest Products, che ha nuovamente citato in giudizio l’organizzazione ambientalista chiedendo un risarcimento di 200 milioni di euro.
Resolute Forest Products è la principale industria canadese del settore del legno e della carta, attingendo per la materia prima ad aree della Foresta Boreale canadese. Greenpeace da anni monitora la situazione e denuncia l’attività della Resolute come non sostenibile, “e che devasta l’habitat della fauna endemica, come il caribù, già in via d’estinzione”.
Greenpeace -Woodland caribou (Rangifer tarandus caribou) swims at Lake Superior, in Slate Islands


La battaglia legale tra Resolute e Greenpeace va avanti dal 2013, quando la società ha fatto causa per diffamazione a Greenpeace Canada presso la Corte Superiore dell’Ontario, chiedendo un risarcimento per quasi 5 milioni di euro. La causa è ancora in corso, ma marzo del 2017 la Corte d’Appello dell’Ontario ha definito “scandalose e vessatorie” le accuse di Resolute nei confronti dell’organizzazione ambientalista, che ha incassato così un punto importante a proprio favore.

Greenpeace: “L’obbiettivo è zittirci”

Nel 2016 la società ha nuovamente citato in giudizio, stavolta per 200 milioni di euro, Greenpeace International, Greenpeace USA e un’altra organizzazione della società civile, Stand.earth. Resolute le accusa di diffamazione e violazione della “Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act” (legge RICO) presso la Corte Distrettuale della Georgia del Sud (Stati Uniti). Una legge del 1970, promulgata da Nixon per combattere il crimine organizzato di stampo mafioso. Appellandosi a questa legge, Resolute di fatto paragona Greenpeace a un’organizzazione mafiosa.

Proprio su questo punto insiste ora la campagna della più grande organizzazione ambientalista del mondo, che a metà maggio ha pubblicato un nuovo rapporto in cui indica come importanti case editrici internazionali, tra cui Penguin Random House, HarperCollins, Simon & Schuster e Hachette, acquistino carta da Resolute. Greenpeace evidenzia quindi il paradosso per cui “in un contesto politico in cui la libertà di espressione è sempre più minacciata, le case editrici, che dipendono notevolmente dalla libertà di espressione, dovrebbero disincentivare questi gravi tentativi di silenziare il dissenso, specialmente se provenienti proprio da uno dei loro fornitori”, ha detto a Amy Moas, Senior Forest Campaigner di Greenpeace USA.
“Cause come quelle che Resolute sta conducendo contro Greenpeace – aggiunge l’organizzazione – vengono denominate cause strategiche contro la pubblica partecipazione. Si tratta di cause civili che, seppur spesso basate su accuse infondate, hanno come obiettivo quello di disincentivare la protesta pubblica, colpendo le tasche delle parti chiamate in causa. Si tratta cioè di uno stratagemma che potrebbe creare un precedente molto grave per soffocare sul nascere critiche e proteste”.
[credit photo: Greenpeace – attivisti  contro la deforestazione, davanti al Best Buy, a Montreal]

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