Alla fine è sceso in campo anche Beppe Grillo. Per confermare una linea ormai definita all’interno del Movimento Cinque Stelle, che ha messo nel mirino la Lega e Salvini e non si tira più indietro di fronte alle provocazioni del titolare dell’Interno. Il comico genovese ha così definito il vicepremier “ministro a sua insaputa, attaccandolo poi per la sua ossessione sul tema dei migranti in un Paese che di problemi invece ne ha molti altri, ben più importanti, da affrontare. A partire dalle mafie. 
Un attacco che arriva attraverso le pagine de Il Fatto Quotidiano, al quale Grillo ha indirizzato una lettera nella quale analizza l’ormai celebre foto di Salvini con il mitra in mano: “Salvini con un mitra in mano è uno sviluppo di Salvini vestito da poliziotto o altra forza armata. Nulla quindi di nuovo cuoce in pentola”, scrive il comico. “In particolare: se teniamo conto del fatto che la foto è un’iniziativa del garzone mediatico, qualcosa resta da dire, e non di scarso momento”.
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“Il garzone social-mediatico sa che il suo soggetto vive un forte senso di inadeguatezza: uno che diventa ministro dell’Interno in Italia – regno della criminalità organizzata – ma parla solo di immigrati, ovviamente ha paura delle vere sfide che il ruolo gli porta a competenza” affonda Grillo. “In questo particolare aspetto ha dalla sua quasi tutto il popolo italiano, abituato a fingere di non sapere che Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta esistono anche se il ministro dell’Interno non ne parla. Il Paese convive con questi fenomeni da moltissimo tempo e non vuole ‘fare l’eroe’, ma neppure ci tiene a essere rappresentato come codardo”.
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“Probabilmente l’assistente mediatico in questione è l’unico a ricordarsi che il Matteo è ministro, in particolare dell’Interno, e coglie appena può l’occasione – conclude Grillo – per appendere un paio di attributi finti al Carroccio, in linea con moltissima parte del popolo italiano: non vedere ma ostentare, non sapere ma parlare”.
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