Quando a maggio Di Maio rinunciò alla premiership, Giorgetti con molto garbo disse: “Lui ormai non conta più un cazzo”. Giggino, ovviamente, non la prese benissimo, ma erano giorni concitati e chiuse la faccenda liquidandola come una battuta. Però si sa che certe cose restano lì, nell’orgoglio, e sedimentano rancore. Così in questi giorni nei corridoi del palazzo circolano voci sempre più insistenti di una nuova guerra in corso tra il Movimento 5 Stelle e il sottosegretario leghista. La “battuta”, come venne derubricata allora, è rispuntata sulla bocca degli uomini vicini a Di Maio, tanto che ora sono loro a dire: “Giorgetti non conta un cazzo”.
Cosa è successo nel frattempo? La manovra sta mandando il governo su di giri. I grillini hanno fiutato qualcosa di strano dietro i ripetuti no che ricevono a ogni proposta che fanno da inserire in bilancio, tanto che tutte le loro bandiere elettorali sono del tutto state rimosse o decisamente annacquate. Il messaggio dei grillini a Giorgetti, però, non era diretto solo a lui, ma anche al Quirinale. E qui la trama si infittisce. Ecco cosa c’è dietro…
Al Colle è stato esplicitamente chiesto di cambiare interlocutore, perché “Giorgetti non rappresenta la linea ufficiale del governo”. Di Maio, quindi, sta portando avanti una guerra sotterranea contro il numero due della Lega, colpevole agli occhi del Movimento di opporre troppe resistenze alle loro proposte. “Per me vale solo la parola di Salvini e di nessun altro”, dice Di Maio, lanciando un altro chiaro messaggio.
Ogni volta, a ogni vertice, la scena è sempre la stessa: i 5 Stelle chiedono, si agitano, poi davanti a tutti, Giorgetti li riporta alla realtà e stronca le loro proposte. L’ultima volta è avvenuto quando Di Maio voleva inserire le pensioni d’oro nel decreto fiscale. Giorgetti gli ha spiegato che non era possibile, che il Quirinale non lo avrebbe permesso perché la previdenza non è materia per la decretazione d’urgenza. Apriti cielo! Di nuovo Giorgetti-Quirinale: il male assoluto. E allora?
I vertici grillini hanno sbottato: “Basta, il Quirinale non deve parlare con lui, ma con noi”. Nell’ambiente 5 Stelle Giorgetti si è guadagnato l’appellativo di “Sabotatore”. Il sottosegretario, in realtà, viene visto dai più come un argine alle spese folli e scriteriate dei grillini e molti vedono di buon occhio i suoi inviti (celati o meno) alla prudenza. Tria si fida di lui, e così anche Conte, che lo ha voluto al suo fianco anche per districare la spinosa vicenda Tap.
Quando la delegazione pugliese dei grillini è stata ricevuta dal premier, c’era Giorgetti con lui. E entrambi non hanno potuto fare altro che constatare la realtà delle cose: cioè attenersi ai contratti e agli impegni presi. “Se trovate 20 miliardi per pagare le penali possiamo anche fermare l’opera”, hanno detto in coro. Quanto durerà la rissa interna? Forse a lungo, perché fin qui quello che sembra avere il posto più saldo di tutti è proprio Giorgetti.