“Your next management consultant is a designer”: così si apriva un articolo girato lo scorso anno sui social che a sua volta si riferiva ad uno speciale dell’emerita Harward Business Review dedicato al design thinking. Se ultimamente vi sentite circondati dalla parola design e non siete né al salone del mobile di Milano né in una agenzia di comunicazione, allora è il caso che leggiate questo articolo.
Design is everywhere
Oggi la disciplina del design è uscita dalle facoltà di architettura e di ingegneria per estendersi a moltissimi ambiti della nostra vita: con il concetto di service design infatti, si fa riferimento alla progettazione funzionale di tutti i servizi che ci circondano, dai mezzi pubblici alla comunicazione politica, dalla fruizione turistica e museale ai corsi di formazione. Si parla di design thinking come approccio teorico sotteso ormai a moltissime discipline, come una sorta di cappello da indossare per avere un imprinting orientato alla soddisfazione del cittadino/cliente.
Si, perché il primo dogma del design thinking è proprio l’approccio user centered, ovvero focalizzato sull’utente. Ovvio, direte voi, in realtà no: solitamente quando progettiamo qualcosa lo facciamo sulla base delle nostre competenze o dei requisiti tecnico/pratici che il prodotto o servizio in questione richiede, in base all’idea che vogliamo realizzare. Pensiamo ad esempio ad un servizio di delivery, o all’organizzazione di un evento: in questi casi pensiamo più che altro ad organizzarci noi come erogatori del servizio, considerando l’utente come parte del servizio che noi eroghiamo. L’approccio centrato sull’utente invece capovolge completamente questa prospettiva imponendo la progettazione a partire dai requisiti, dalle esigenze e dai limiti del fruitore.
L’Harward Business Review ci parla del design come soluzione alla complessità dell’epoca che viviamo: si perché il design è orientato alla funzionalità, e se i suoi prodotti sono anche belli è solo una sorta di conseguenza accidentale. E allora al posto di diagrammi di flusso e schemi di dati troveremo prototipi, MVP (Minimum viable product) che vengono realizzati in fretta e subito testati sugli utenti per validarne la necessarietà e la funzionalità (nelle startup funziona così, è la base del metodo Lean), customer journey maps che rappresentano il viaggio dell’utente nel nostro servizio, o stakeholder maps per evidenziare le ricadute del nostro servizio su tutti gli attori coinvolti.
Principi base del design thinking
La disciplina del design thinking nasce all’Università di Standford qualche anno fa ed è oggi oggetto di corsi di formazione nelle aziende di tutte le industrie e tra i manager dei più vari profili.
È il primo driver dell’innovazione perché interseca la progettazione di prodotti e servizi con i bisogni degli esseri umani attraverso una metodologia che si fonda su 5 principi base. Vediamoli.
- Empathize
Diventare empatici significa capire chi è il destinatario del nostro prodotto o servizio, come si comporta, che bisogni ha. Anche il marketing tradizionale lo fa, ma col design thinking si va davvero in profondità dei bisogni degli utenti grazie a strumenti come le interviste, gli scenari, le personas, le customer journey maps
- Define
Evidenziare in maniera chiara i bisogni degli utenti, le opportunità e gli obiettivi, ovvero dare una forma compiuta ai dati raccolti nella prima fase associandoli a dei punti di vista che orienteranno poi in maniera concreta la progettazione
- Ideate
La fase di ideas generation è quella creativa, divergente all’inizio che poi però deve necessariamente convergere verso qualcosa di definito che diventerà un prototipo. Sono tantissime le tecniche che si possono utilizzare in questa fase, prima fra tutte il brainstorming: la fantasia deve lavorare in maniera libera e senza i limiti che si affronteranno invece nella fase successiva
- Prototype
Selezionato un certo numero di idee si passa allo sviluppo vero e proprio: la fase di prototipazione è quella che restituisce i feedback degli utenti e quindi è fondamentale per progettare un prodotto o servizio che avrà successo sul mercato. Le tecniche utilizzate vanno dallo scketching (scarabocchi, semplici schizzi) ai prototipi più complessi, ma il concetto è sempre lo stesso: costruire un prototipo nel più breve tempo possibile e che ci restituisca il numero maggiore di feedback possibile sulla nostra idea
- Test
Testare e osservare, testare e raccogliere dati: questa non è una fase conclusiva ma è piuttosto l’inizio della progettazione vera e propria: una volta raccolti i feedback degli utenti sul nostro prototipo possiamo infatti procedere alla progettazione di un prodotto o un servizio con informazioni assolutamente fondamentali alla mano.
È importante sottolineare che il design thinking è un processo iterativo e collaborativo: mette insieme cliente e consulente, fornitore e utente nella co-creazione di prodotti e servizi.