Il Movimento Cinque Stelle rischia di trovarsi presto sull’orlo di un precipizio profondissimo, imperscrutabile. Senza sapere più se andare avanti o indietro. Un incubo a occhi aperti, quello in cui rischia di trasformarsi la due giorni elettorale fissata per il 20 e 21 settembre e che potrebbe spazzare via le ultime certezze di un partito da tempo in crisi di identità. Lo sanno bene gli esponenti grillini, alcuni dei quali hanno già iniziato a guardarsi intorno alla ricerca di migliori approdi futuri. Lo sanno i leader, che fanno a gara per non mettere la faccia sulla sconfitta data da tutti per scontata.
Se il destino della coalizione giallorossa non è ancora deciso, infatti, quello del Movimento è ormai quasi certo. In Veneto è probabile che si scivoli al di sotto del 3%, in Puglia si guarda a quota 20% come a un possibile miracolo, difficilissimo da realizzare. Due anni fa, in quella stessa Regione, i grillini avevano sfiorato addirittura il 45%. Oggi, facendo un conto generale da Nord a Sud, temono di non arrivare al 10%.Un disastro generale dal quale ha preso prontamente le distanze Luigi Di Maio, che cerca di addossare a Vito Crimi la responsabilità di una mancata strategia e delle alleanze troncate con il Pd. E che rischia di spingere molti pentastellati lontani dalla casa base. Il deputato Paolo Lattanzio si è mosso prima di tutti, abbandonando il Movimento senza nemmeno aspettare il voto. In tanti, è la sensazione, vorrebbero imitarlo anche se al momento preferiscono tergiversare. Qualcuno guarda a quella galassia dem ormai sempre più vicina, convinto che ormai tanto valga indossare direttamente la casacca del Pd. Altri sognano ancora un riscatto che però, ormai, sembra sempre più lontano.L’unica soddisfazione nel futuro prossimo dovrebbe essere quella rappresentata dal referendum sul taglio ai parlamentari. Di Maio proverà a intestarsi ogni merito, ma non è detto che basti la vittoria del “sì” a rilanciare le ambizioni di un partito che annaspa da tanto, troppo tempo.
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