Una vera e propria rivolta, quella che scuote un Movimento Cinque Stelle più agitato che mai. Con i militanti sul piede di guerra e determinati a sfidare il loro leader, Luigi Di Maio, tornato tra le braccia di Alessandro Di Battista e sempre più lontano dalle posizioni di Beppe Grillo. L’alleanza col Pd, inizialmente accolta con entusiasmo, è stata presto rinnegata e adesso il leader maximo è di fatto più un avversario dei dem che di Salvini, al quale invece pare tornato a strizzare l’occhio. Una situazione insostenibile, per molti parlamentari, che hanno addirittura dato vita a un documento per mettere nero su bianco il loro malcontento.
a quanto racconta La Repubblica, alla Camera si sono riuniti i 14 capigruppo nelle diverse commissioni del Movimento 5 stelle. Ed è stato durante quella riunione, seguita a una serie di scambi in una chat riservata, che uno di loro ha tirato fuori un messaggio subito recapitato a Luigi Di Maio: “Se i toni non cambiano, se a guidare le danze dev’essere Alessandro Di Battista e i retroscena che ci danno pronti per il voto non vengono smentiti, faremo firmare a tutti un documento per sfiduciare il capo politico”.
Soltanto una minaccia? Non proprio. I vertici Cinque Stelle hanno avuto modo di toccare con mano tutta la determinazione delle truppe parlamentari al momento del tentativo di forzare la mano sull’elezione del capogruppo a Montecitorio, eleggendo un’unica squadra guidata da Francesco Silvestri: uno strappo che non è passato. Voto rinviato, probabilmente a gennaio, e proprio perché l’attuale reggente è considerato troppo vicino al leader.
Molti parlamentari M5S osservano esterrefatti guardando con sgomento l’escalation degli ultimi giorni. “Il mandato sul fondo salva-Stati che avevano affidato a Di Maio era per trattare con il resto della maggioranza, non per rompere. E il ritorno al fianco del capo di Di Battista non li rasserena: i nuovi arrivati lo conoscono poco, chi è alla seconda legislatura ha vissuto come un tradimento la sua mancata candidatura”. Di Maio ha d’altronde ribadito che Di Battista sarà il suo successore, lo stesso che definiva il Pd “partito liberista” e parlava delle riforme renziane come del male da abbattere. Una linea contraria a quella dettata da Grillo, che vorrebbe il Movimento antagonista dei sovranisti. E che non trova d’accordo gli eletti, più vicini al fondatore che al capo politico.
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