Si deve temere l’Intelligenza Artificiale?
La notizia dei giorni scorsi arriva da un laboratorio di ricerca molto prestigioso nel quale due chatbot avrebbero iniziato una conversazione autonoma tra loro. Non solo, i due algoritmi, uno maschio e l’altro femmina, avrebbero interagito in un linguaggio inventato, utilizzando verbi e parole in modo incomprensibile per l’uomo ma pare efficace per intendersi tra loro.
Qua e là su internet si sono letti titoli quasi apocalittici come se l’avvento dell’era dei robot fosse questione di ore. Dal laboratorio di Menlo Park, dove i due robot virtuali hanno dato vita ai loro surreali dialoghi, dicono invece che il comportamento dei due algoritmi è stato del tutto legittimo. L’intelligenza artificiale che li ha mossi, infatti, avrebbe trovato un modo più efficiente di comunicare, quindi in parte un successo. I tecnici dell’esperimento hanno forzatamente interrotto il loro scambio solamente perché il fine della conversazione doveva essere quello di imparare a parlare tra loro come training in vista di future chat con umani. Lo spegnimento degli elaboratori che tenevano in vita le due entità virtuali, sarebbe avvenuto per questo motivo e non per paura che le macchine potessero ribellarsi ai propri creatori.
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Gli attuali bot, più che intelligenti, sono ricchi di risposte
Mettendo da parte le implicazioni etiche e i possibili pericoli che in futuro l’Intelligenza Artificiale potrebbe portare all’umanità, gli algoritmi di conversazione automatica tra macchina e uomo, sono ormai diffusi e molto utilizzati.
Quando ci troviamo di fronte ad un chatbot, dovremmo ancora capire che dall’altro capo della chat non c’è un vero essere umano ma un risponditore automatico tipo quelli dei call center che indirizzano la nostra chiamata.
A muovere questi automi virtuali, non immaginiamoci robot super tecnologici ma righe di codice di programmi realizzati per lo scopo, non c’è ancora una vera e propria intelligenza e l’interazione che questi bot possono proporre all’interlocutore umano è limitata a una serie di risposte date in presenza di determinate parole chiave all’interno della richiesta.
Nonostante questo limite, le chat automatiche stanno prendendo sempre più piede, soprattutto sulle piattaforme di social network dove molte grandi aziende multinazionali hanno applicato questa tecnologia come filtro al loro servizio clienti per rispondere automaticamente alle domande più comuni.
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Dalle ricette allo shopping, al momento i bot si limitano a questo
Un esperimento molto goloso e interessante è quello sviluppato da un noto marchio alimentare che tramite un chatbot riesce a suggerire le ricette migliori per poter utilizzare il lievito commercializzato.
Anche in questo caso, non immaginatevi una conversazione che possa assomigliare a quella intrattenuta con un’amica o un amico nella quale ci si scambiano consigli per la preparazione dei propri manicaretti.
L’assistente automatico, tramite la chat di un grande social network, si limita a porre all’utente umano domande a risposta multipla, in base alle quali proporrà la ricetta migliore.
Dolce o salato, cremoso o secco, con frutta o senza, sono queste le indicazioni che il bot accetta e in base alle quali suggerirà la migliore ricetta per l’interlocutore.
Oltre oceano, invece, le applicazioni di questi algoritmi sono molto più diffuse e varie, spaziando dalla verifica degli esami clinici a veri e propri personal shopper per scegliere il capo migliore in base alle proprie esigenze, prezzo compreso.
In attesa di derive fantascientifiche, gli odierni chatbot sono sicuramente un metodo molto efficace non solo per fare marketing e proporre prodotti agli utenti con i quali si scambiano messaggi ma anche per creare un servizio clienti sempre disponibile e accessibile a prezzi sicuramente più bassi rispetto all’impegno di umani, al momento, però, gli unici capaci di un’interazione veramente intelligente con il cliente.
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