Nuvoloni neri (e ben visibili) all’orizzonte per il governo gialloverde che potrebbe ritrovarsi presto, se il vento non cambierà presto, nel bel mezzo di una tempesta. A testimoniarlo, le ultime ore che hanno visto gli esponenti della maggioranza chiamati in causa dalle continue bordate arrivate dalle istituzioni europee. Sullo sfondo c’è però sempre e solo un nodo da sciogliere: il braccio di ferro con il ministro dell’Economia Giovanni Tria per ottenere più soldi e quindi margini di manovra ben diversi, rispetto a quelli che si prospettano, nella futura finanziaria. Il primo attacco a un esecutivo dai nervi già tesi era arrivato dal presidente della Bce Mario Draghi che, solitamente molto discreto, era andato dritto al bersaglio parlando di “danni fatti con le parole” dal governo italiano. Stizzito, Salvini aveva replicato augurandosi che “gli italiani in Europa facciano gli interessi dell’Italia come fanno tutti gli altri paesi, aiutino e consiglino e non critichino e basta”.
Era stata poi la volta del francese Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici della Ue: “L’Italia è un problema nell’eurozona. C’è un clima che assomiglia molto agli anni ’30. Certo, non dobbiamo esagerare, chiaramente non c’è Hitler, forse dei piccoli Mussolini”. Ad alzare la voce era stato a quel punto Luigi Di Maio, che aveva definito “ignobili” le parole di Moscovici. L’Europa, insomma, va all’attacco del governo perché per niente convinta delle sue intenzioni in materia economica, e in vista del summit sulla finanziare la tensione all’interno della maggioranza è salita alle stelle. Lega e Cinque Stelle contestano al ministro Tria i vincoli imposti, su tutti il blocco all’1,6% del rapporto deficit/Pil. I grillini, che hanno puntato molto sul tema dell’occupazione in campagna elettorale, vorrebbero destinare tra gli otto e i dieci milioni di euro per il reddito di cittadinanza. Tria è fermo alla metà.
Un’insoddisfazione che in queste ore i parlamentari pentastellati non avevano nascosto, tuonando contro il ministro: “Se è della Lega e vuole fare i loro interessi lo dica pure”. Gli esponenti del Movimento si dicono pronti allo scontro, sottolineando come a decidere sia la maggioranza, non certo un singolo. L’obiettivo, stando alle indiscrezioni, sarebbe strappare una soglia di flessibilità superiore al 2%, così da tranquillizzare i mercati in caso di sforamento rispetto a quell’1,6 prospettato fin qui. Una partita che si gioca proprio mentre arrivano le
dimissioni del presidente della Consob Mario Nava, accolte con non troppo dispiacere da Di Maio: “Adesso nomineremo un servitore dello Stato e non della finanza internazionale”. La sensazione è che il vaso sia ormai pieno d’acqua e le prossime gocce, potenzialmente, pericolosissime.