In superficie le dinamiche sono semplici, lineari. Tutti stanno dalla parte di Giuseppe Conte, il premier che continua a godere di ampio consenso tra i cittadini stando ai sondaggi e intorno al quale i giuramenti di fedeltà e le manifestazioni di apprezzamento si moltiplicano giorno dopo giorno. Qualche metro al di sotto del livello dell’acqua, però, le tensioni sono vibranti e i ragionamenti continui. Contorti, a volte, all’interno della maggioranza giallorossa. E senza escludere clamorosi ribaltoni.
Luigi Di Maio, per esempio, è in teoria uno dei fedelissimi del premier, almeno stando a certe generose dichiarazioni rilasciate a più riprese. Ma i recenti incontri con l’ex governatore della Bce Mario Draghi hanno svelato il lato oscuro di un leader pronto a tutto pur di togliere Conte da Palazzo Chigi. Persino a considerare sul serio l’ipotesi del governo di unità nazionale guidato da un presidente del Consiglio super partes. Ipotesi che a molti esponenti del Movimento non piace e che però il ministro degli Esteri valuta e pesa.
Anche nel Pd, d’altronde, di ragionamenti se ne fanno e parecchi. Uno degli snodi cruciali per la sopravvivenza del governo potrebbe essere facilmente identificato nel voto sul Mes. Un passaggio che potrebbe dividere la maggioranza e richiedere l’intervento, in soccorso dell’esecutivo, di Forza Italia. Con i Cinque Stelle che a quel punto rischierebbero l’implosione. E la necessità, a quel punto, di un probabile cambiamento nella squadra, cambiamento che passerebbe anche dall’estromissione di Conte.
C’è dunque il Cavaliere a pesare in maniera forte sul destino dell’Avvocato. Dei rapporti tutt’altro che felici tra Renzi e Conte si è d’altronde detto e scritto tanto. Sembra, insomma, che ogni partito dell’esecutivo abbia una sua personalissima ragione per far fuori il premier. Che, però, resta tra le poche figure capaci di tenere unita una coalizione che troppo unita di suo non è e forse non sarà mai. Lo sanno bene, i leader giallorossi. Che tutto sommato, pur di evitare pericolosi ritorni alle urne, potrebbero anche lasciare l’Avvocato lì dov’è.
Tutti vogliono Conte: ma cosa succederebbe con la discesa in campo del premier?