Minniti batte Salvini proprio “in casa” del vice premier leghista. La “disciplina” non è il tiro al piattello olimpico, bensì il rimpatrio dei clandestini irregolari. Stando ai dati ufficiali del Viminale, dicastero occupato lo scorso anno da Minniti e oggi guidato dal leader leghista, nel trimestre estivo giugno-agosto 2018 i migranti irregolari riportati nei paesi di origine sono stati 1296. 210 rimpatri in meno rispetto ai 1506 dello stesso periodo del 2017, sotto il Governo Gentiloni. 445 i clandestini rimpatriato a giugno, 423 quelli a luglio e 428 ad agosto 2018. E il trend per settembre si avvia ad essere in linea col calo generale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente: al 16 settembre sono stati rimpatriati 158 stranieri, ma nel 2017 furono 554 per tutto il nono mese dell’anno. Difficile che si arrivi alla stessa cifra.
La motivazione principale di questa situazione, assai anomala per un partito di governo come la Lega che ha messo al primo posto del proprio programma elettorale il contrasto all’immigrazione irregolare anche attraverso il rimpatrio dei clandestini, risiederebbe nelle difficoltà e negli imprevisti incontrati nelle ultime settimane dal ministero. Tanto per fare degli esempi, per il rimpatrio di 45 migranti la scorsa settimana non è arrivata per tempo l’autorizzazione dalla Tunisia – che insieme a Nigeria, Marocco, Egitto, Sudan, Pakistan e Iran e uno dei principali paesi di provenienza dei migranti che arrivano in Italia -, mentre altri 17 non sono potuti partire da Torino per un guasto aereo. In barba al decreto Salvini fresco di approvazione, un documento che prevede un periodo più lungo (da 90 a 180 giorni) di permanenza dei migranti nei Centri di permanenza per il rimpatrio e la sostituzione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari con altri per meriti civili o per cure mediche o per eventuali calamità nel paese di provenienza.
Nonostante il varo della legge sull’immigrazione che porta il suo nome, in tema di arrivi dei migranti non sono giorni facili per il ministro Matteo Salvini, oltre che per i dati che incoronano Minniti più “bravo” di lui. La sua prima visita ufficiale in Tunisia nei giorni scorsi è stata un mezzo flop: è tornato in Padania senza alcun accordo scritto con il governo tunisino per un aumento dei rimpatri, e, pur avendo incontrato alcuni membri dell’esecutivo e incassato un rinnovato “impegno comune sui temi di immigrazione, sicurezza e sviluppo economico”, non c’è stato nessun colloquio col premier Chahed. È evidente che l’eco delle parole “Spesso e volentieri importa in Italia solo Galeotti” pronunciate dal ministro dell’Interno nel giugno scorso nei confronti della Tunisia, paese da cui principalmente arrivano migranti sulle coste italiane, non è ancora sfumata.
Sul tema immigrazione, tuttavia, c’è anche una buona notizia per Matteo Salvini: al calo di rimpatri rispetto al 2017, corrisponde infatti, da gennaio 2018 ad oggi, anche una sensibile diminuzione di richieste di asilo. Il che vuole dire che stanno anche diminuendo arrivi e sbarchi. Almeno in questo Salvini non sembra avere rivali.
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