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I privati si sono “comprati i partiti”. Fra conti in rosso e propaganda, così va a pezzi la democrazia

Alla fine i nodi vengono al pettine. Quando la martellante propaganda del Movimento 5 Stelle aveva portato alla cancellazione del finanziamento pubblico per i partiti politici, in pochi avevano osato protestare. I politici erano cattivi e i partiti non dovevano avere soldi, questo era il messaggio. Qualcuno aveva provato a far notare che, sia pure in forme differenti, il finanziamento ai partiti esiste in tutti i Paesi d’Europa come salvaguardia dell’indipendenza della politica dal mondo degli affari. Ormai era partita la propaganda e chi si opponeva veniva sottoposto alla gogna mediatica. Ma come insegnava Manzoni nei Promessi Sposi, quando una folla di persone ragiona di pancia, alla fine non ragiona.

E la prima cosa su cui si sarebbe dovuto ragionare era la tenuta di una democrazia europea che, a differenza di quella americana, ha sempre rifiutato il lobbismo, cioè l’abitudine – che negli USA ritengono normale – di ricevere soldi da privati per finanziare le campagne elettorali. Noi europei pensiamo che se qualcuno offre dei soldi a un politico a qualsiasi titolo, poi verrà meno l’imparzialità di quel politico nei confronti del benefattore. Quindi, siccome la politica costa – poco, in realtà, rispetto alle spese che deve sobbarcarsi uno Stato ogni anno per funzionare, ma costa – se si interrompe il finanziamento pubblico ai partiti, si apre la strada a una deriva lobbistica della politica.

Cioè, succede quello che sta emergendo in questi giorni nell’inchiesta scandalo sulle presunte tangenti in Liguria. Ora che il caso è esploso ed è stato reso pubblico, possiamo farci un’idea più chiara del problema. Le “elargizioni liberali”, cioè le donazioni versate ai politici da aziende e imprenditori, sono diventate indispensabili per tenere a galla i conti dei partiti. Ma causano conseguenze. Ne ha parlato il Direttore dell’Associazione The Good Lobby, Federico Anghelè, in un’intervista su Domani. “Il Presidente Toti”, ha sostenuto Anghelè, “era sostenuto non da chi ne condivideva le idee, ma da chi si aspettava, in cambio delle donazioni, decisioni favorevoli e trattamenti preferenziali“. Per poi concludere: “L’assenza di regole e di codici di condotta, che i partiti colpevolmente continuano a non darsi in materia di finanziamento da parte dei privati genera, ancora prima di illeciti, evidenti conflitti di interesse“.

Ma a parte che in realtà le leggi ci sono, il problema è comunque inevitabile: se i partiti non ricevono un finanziamento pubblico, devono cercare quello privato. E questo tipo di finanziamento che a noi europei giustamente non piace, perché rende i politici dipendenti da chi li finanzia, si chiama lobbismo ed è il fulcro del sistema americano. Dove i partiti e i candidati vengono finanziati con donazioni anche cospicue dalle grandi lobby. Da chi vende armi a chi produce farmaci, dai colossi della tecnologia alle multinazionali di ogni settore. Miliardi di dollari affluiscono legalmente a sostegno dei candidati.

La situazione in Italia vede i partiti ricevere finanziamenti dai privati, ma con regole e leggi che teoricamente pongono limiti e impediscono il lobbismo. In realtà i conti dei partiti piangono. Per capire l’entità del problema, nel 2022 la Lega di Salvini ha incassato 2 milioni di Euro dai finanziamenti privati, ma ha chiuso i bilanci con un passivo di 4 milioni di Euro. Italia Viva di Renzi, partito di più piccole dimensioni, ha ricevuto anch’esso 2 milioni in donazioni eppure ha chiuso in rosso di 50mila Euro.

Secondo l’Associazione The Good Lobby, la soluzione del problema starebbe nella promessa, da parte dei partiti che ricevono donazioni elettorali, di “impegnarsi a rendicontare le spese in maniera chiara e corretta entro 90 giorni”. Ma questo obbligo i partiti ce l’hanno già! E anche i singoli candidati devono presentare un rendiconto preciso delle loro spese elettorali, se ne sostengono. Ma siccome è evidente che i partiti non possono sopravvivere solo con i proventi dei versamenti volontari del 2xmille, il problema è destinato a peggiorare.

E infatti ora si parla di come aumentare il contributo pubblico e trasparente ai partiti per impedire che vengano, di fatto, “comprati” da chi ha interesse a controllarli o a influenzarli attraverso le donazioni. E a questa conclusione è giunto, alla fine, anche il Movimento 5 Stelle di Conte. Che inizialmente aveva rinunciato ad accedere al 2xMille, ma poi ha cambiato idea. Perché senza soldi la politica non si può fare, come qualsiasi altra attività.

Quindi, a nostro modesto parere, le strade sono due: o si aumenta il contributo pubblico ai partiti come avviene nel resto d’Europa. Oppure si cambiano le leggi e si accetta che i politici siano sostenuti apertamente da lobby, multinazionali e imprenditori, come avviene negli Usa. Con tutte le conseguenze del caso.

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